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Nazione Indiana
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qui:  http://www.nazioneindiana.com/2013/06/07/i-poeti-appartati-claudia-ruggeri/

Mio carissimo Francesco,
ti sono stretta con gioia “dolente” al sentito scritto su Claudia, la “Perla irregolare”, la “Barocca creatura” del tanto intricato, oscuro, tortuoso “Inferno Minore”, che nel nuovo libro di inediti “Canto senza voce”, che presenteremo con Elio Scarcilia e Maria Teresa Del Zingaro Ruggeri a Genova, il 12 luglio, possiamo indagare in quello che è il tempo dell’alba della sua poesia, nella genesi dell’idioma poetico della poetessa dal linguaggio totale che la renderà unica ed in posizione di assoluta singolarità e solitudine di voce nel panorama contemporaneo. Un’alba che, come la stessa Claudia scrive nel suo “Canto senza voce” nella poesia intitolata “VITA”, è comunque negata all’uomo ed alla sua esistenza:

 

“Non ha alba la vita
né tramonto.
Essa è un tramonto
all’alba
e invano tendi
supplice la mano
al lampo che ti acceca
nel breve istante
in cui ti dà le stelle.
Così gramo di tempo,
in un eterno
di te deserto,
vedi scolorire
allo spuntare dell’alba
il tuo tramonto.”

 

Ecco l’ombra che sempre Claudia si porta addosso: nei sui primi versi; nei canti di “Inferno minore”, dove l’autrice arriva a profetizzare la propria fine ( “e volli/il “folle volo” cieca sicura tuta/volli la fine delle streghe volli/il chiarore di chi ha gettato gli arnesi/di memoria di chi sfilò il suo manto/poggiò per sempre il libro (…).”); nelle lettere, come quella a Fortini, di cui tu indaghi, e di cui ti sono infinitamente riconoscente per il solenne spessore della gravità ed insieme meravigliosa-indicibile bellezza del video di Carmelo Bene, da te qui riportato, che sposa con enfasi suprema e solidarietà, sostegno, unione di spirito, l’atto del “Poeta suicida”, che solo nel gesto estremo trova via di scampo all’”Amaro Carnevale” della vita. Il Barocco di Claudia è appunto l’anticamera della modernità, dove ci si traveste per una recita vana, ma ormai inevitabile, nella quale ci si trova a condurre la propria esistenza, di impostura in impostura, come Claudia scrive in “congedo”:
“Le fer des mots de guerre se dissipe dans l’hereuse matièere sans retour.”

 

così dal colmo, ormai, nuoce
il dimandar parenzé, come
il Distrarsi. Lasciatemi
a questa strana circostanza. Qui
so, con il mio amore, e con chiunque
vi arrivi, che a questo inferno minore, tutto è minore; medesimo
è solo il Carnevale. Ahi l’impostura
seguente che riduce che quagiuso nemena.

 

“Canto senza voce” si apre con la prosa inedita “Elogio della follia”, dove Claudia riconduce il termine “artista” al vocabolo “anemo”, “senza nessuno”, “vuoto”.«L’uomo è vuoto sempre, quindi anche l’ispirazione è vuoto e lo sarà anche la creazione (…) Cos’è l’artista? Vuoto. Cos’è la creazione. Niente. (…)»
L’abbaglio è quindi aggiungere al presente altro falso pieno e l’irreversibile impossibilità di creare. L’artista vive allora sospeso nel vuoto, così come il vuoto è l’essenza materica e spirituale, la matrice, la materia prima di cui sono fatte ispirazione e creazione.
Claudia sembra aver compiuto l’ultimo gesto della sua vita per ricongiungersi al quel Vuoto che per lei Tutto era irrimediabilmente Origine, rifondendosi con esso, nella sua personale consapevolezza di totale impotenza e nella convinzione che proprio il Vuoto è ciò che permette a chi ha iniziato di continuare a creare…

Francesca Canobbio