Video del Maestro e premio Tenco Bob Quadrelli estratto dal mio nuovo libro “La legge del buio” in uscita a gennaio per le edizioni Oèdipus
29 mercoledì Nov 2017
Posted arte, audio-poesia, bob quadrelli, composition, comunicazione di servizio, cultura, francesca canobbio, la legge del buio, letteratura, libri, libro, musica, Oèdipus, poesia, poesia, prosa poetica, versi, versi poetici, prosa poetica, prose poetiche, scritture, Senza Categoria, video-poesia
inVideo del Maestro e premio Tenco Bob Quadrelli estratto dal mio nuovo libro “La legge del buio” in uscita a gennaio per le edizioni Oèdipus
10 mercoledì Ago 2016
La raccolta inedita “La Legge del buio”, con i miei versi in prosa poetica ed i dipinti dell’artista Giuseppe Pontoriero, si è aggiudicata il premio di segnalazione al premio di poesia Lorenzo Montano della rivista di ricerca letteraria ANTEREM.
GRAZIE INFINITE per questo riconoscimento.
02 giovedì Giu 2016
Posted arte, eros, poesia, Senza Categoria, versi, versi poetici
inTag
arte, eros, poesia, versi, versi poetici
Tu sei la mia unica Lingua
e se mi tagli
sarò biforcuta
strisciando
come un serpente
sul tuo Uroboro
22 martedì Dic 2015
05 lunedì Ott 2015
Posted la legge del buio, letteratura, letture, libri, libro, poesia, prosa poetica, prose poetiche, scritture
inLa mano non è solita abitare lo spazio fra il rimando di un sogno e l’offerta di una certezza, perché è tutto di sogno il viaggio in questa metropoli di mezze misure e piazze di letti ancora sussurranti un calore che non ti ha saputo ancora una volta scaldare la notte, sino al giorno in cui tutti i giorni non sono che pennellate di notti, abbandonate al fluire stantio di un diario dell’oblio che segue il decorso della malattia di restare appesi ad una vita, che sia o meno vita lo sai dalla certezza imposta al tuo umore che ti stacchi di dosso come sughero e ti lasci sanguinare fino alle ginocchia ogni volta che il calendario ti ripete la sequenza dei giorni, degli anni, dei mesi che restano depositati sul fondo di un decanter per liquidi che di te stesso dovrai ingerire per sublimare l’assenza della vita, che scorre sola, con il ritmo del fiume e non si lascia bere né intendere per mezze misure se non nel costrutto che intendi affidarle nell’ennesimo solito stratificato progressivo buio di avanzi di piatti e pietanze buttate sul fosso dello stomaco di ferro che prima o poi farà ruggine anche esso cavalcando fra le sondabili progressive ipotesi di ciò che non potrai più permetterti di ingerire in veleni di terreni materiali senza sostanza di forma e peso e massa superiori alla tua stessa massa e portata e il lento rifiutarsi delle labbra di agire con un morso o solo una parola ti cadrà nella pancia più forte di ogni pasto e con maggiore certezza saprai di essere sazio di tutto questo.
Con la magrezza dei fantasmi ti trascini sul sepolcro dei giorni e passi la notte in un bianco dove non c’è spazio che per l’immobilità, la stessa immobilità che ti strascichi addosso da quando non hai più tempo per i tuoi giorni, imbastendo di buio e sua legge ogni gesto di pura sopravvivenza che si esprime con un lento dialogo fra te e il buio medesimo, dove il buio è solito tacere e flagellare di silenzio ogni coro andato perso bambino e se il bambino piange è solo e non ha lingua, ma lalla il canto del buio che si trasforma in verso di poesia e canto quando per quanto non saremo seri gli daremo una voce che sappia ridere e gioire del confine fra buio e luce, fra angelo e diavolo, fra bestia e umano con la metafora della favola della scoperta del fuoco sempre viva e prima in caroselli e reclame di limoni spremuti come spicchi di giorni che acidano l’accidiosa impotenza e assenza di glucosio di un diabetico senza arti che ha perso anche l’ultima mano nel riflesso del suo stomaco malato e ormai scrive di saliva il cuscino della morte che l’accamparrà fra il sonno e l’oblio dei farmaci in un ennesima adolescenza alla morsa fra il volere e il volare oltre la morte che solo l’infermiere che rifà il letto potrà segnalare alle autorità senza autorità e all’autore senza spartito per lo sparuto chiodo ennesimo distaccato dal muro che ha perso il ritratto del vostro ennesimo sosia.
18 giovedì Giu 2015
Posted poesia, prosa poetica, versi, versi poetici
inIl mio canto è buio.
Il canto del mondo è un canto buio.
Quanto d’oscuro nella pinacoteca dell’essere a memoria ogni giorno
una notte che è un giorno,
dipinta di un fragrante rombo oscuro che cela ogni volta, volta celeste,
volto di scatto una pagina a riguardo del confine fra buio e luce
e resto confinata nello sguardo, e nel riguardo, cosa ho visto?
Forse la somma sulle carte da gioco, un gioco al buio,
una apertura a mani nude dove tutto è anello
e nudo è tutto ciò che mi resta di questo gioco aperto al buio.
Ho vinto la mia nudità, posso specchiare i miei occhi nel mio buio,
posso aspettare un abito per uno scostumato e quanto mai eterno mordere il buio
sotto l’albero della sapienza, dentro gli anelli dell’albero, cosa, se non memoria?
Non ho ricordi di luce, ma di anelli di luce nella costanza del taglio dell’albero,
sfrondo, piallo, levigo, tocco con tocco di buio a mano morta il mio bottino di gioco.
L’anello che mi lega a te è il mio patrimonio nel gioco del buio.
Catene concentriche di anelli, come fossero occhi negli occhi,
e sincronici sguardi in un presente onnipresente: la vita mi ha dato in regalo
l’anello nel buio. E posso accecare di lusso il mio buio con l’anello del mio occhio segreto
ogni sguardo inciso sulla pietra del mio anello.
Faccia sfaccettata di una pietra che è la terra che calpesto
e che porto nella testa e nelle mie mani.
Ma quante mani ancora? Chi spezzerà l’anello?
Si spezza l’anello se il gioco non è un gioco ma c’è una regola ed un padrone del gioco: buio. Il gioco. Si specchia in uno sguardo che ruba occhi per ciechi.
Chi lo ha mai visto?
Il mio occhio vigila terzo, le mie seconde labbra origliano, il mio primo istinto
è un buio che apra alla luce.
Ora non è chiaro ciò che dico
e mai lo sarà, perfino agli amanti nel buio.
Chiaro lo scuro di un oscuro fra gli scuri con la scure che spezza l’anello.
Taglio.
Inciso.
Non è sangue che mi aspetto, ma è il sangue che mi aspetta.
Fino al sangue che arriverà fino alla legge del buio.
Circolazione. Cuore che spasima per una ancora notte.
Ed è il buio.
18 giovedì Giu 2015
Posted poesia, prosa poetica, versi, versi poetici
inQuanto più di cielo comprendiamo, compresi dal buio ubiquo per da lontano e onnipresente da vicino.
Onnipotente cielo che ci siamo riusciti a rovesciare nella vita di terra in un ingresso
che era un’anticamera per ogni rito della vita di casa
quasi fosse stata casa nostra a preparare le scale al cospetto di una necessità di salvezza
dinanzi al dovere di dare spazio allo spazio che ci fa essere spazio con lui e sotto le regole di ogni cielo.
Cielo che cielo!
Sospetti ad ogni nuvola e c’è il sole, ma chiedo la luna.
È la promessa che faccio al buio di rimanere sempre in tempo per lo spettacolo del black out che mi darà un podio d’argento
mentre l’oro del cielo si fa in terra
la rappresentazione di tutto ciò che amiamo,
a raggi che ci comprendono a seconda
del tipo di amore che mettiamo in accordo con Luce,
ma è buio che ospita Luce
e sempre più cara è la corrente di una lampada da sfregare per realizzare i sogni quando è buio a far da padrone
e anche se non è il buio
per grazia di una Grazia concessa come miracolo
è il miracolo stesso che è buio.
Dunque non c’è uomo di luce che non sia uomo di buio.
Dunque luce lucente di disco in discorso di punta sta per ora nella legge del buio, legge di punta, puntare un dito al cielo nel buio e a riveder le stelle, forse, se è abbastanza buio.
A rivedere le stelle!
A rivedere le stelle a costo o senza costo di quanto circuito.
Scintilla ogni nome sulla mappa della terra e non pesa alcun assenza di segnale in assenza di gravità.
E pesa l’assenza nella sua gravità. Vago. Vago?
Sorge il dubbio, illuminando il buio, nello spazio vuoto.
Nello spazio.
Vuoto.
*( A riveder, le stelle! )
09 martedì Giu 2015
Posted poesia, prosa poetica, versi, versi poetici
inPresenza in assenza di chiarore
per il raggio che mi comprende senza svelarsi di raggio.
Ciò che resta,
ciò che sono
è una icona fiorita di buio nella luce incommensurabile.
Mi riparo nel buio che mi è concesso
e solo allora posso destreggiarmi come ombra fra le ombre
nell’idioma castano che mi porto appresso, perla nera di una collana
che si scuce di giorni luttuosissimamente amorevoli, nella farsa della penombra
che si dispiega ai contorni di sagome per occhi velati
che riparano dal Sole prossimamente al lusso di caverne oscure
dove scandaglio la bruma nell’onice puro di un respiro prossimo
al respiro più stolto, analfabeta di gloria, agli albori di ogni possibile albore
opaco e sereno nel mistero intellegibile che mi dà nome e vita.
Porto processioni di candele dinanzi al mio dio e io sono la candela che si consuma.
Porto il mio fuoco dentro e non ne scorgo lampo fuori da me,
fosco astruso barbaro ignorante nel mondo
come il mondo che mi ha messo al mondo
e di ogni mondo io sono il tetro incomprensibile crepuscolo
che si spreca di fede per ogni legge del buio che mi ha dato la luce.
Il mio credo sfavilla orchestrato dal più sincero dei miei perché
e il mio perché è un’isola di buio senza voce.
La lettera che mi comincia non conosco.
La lettera che mi conclude la ignoro.
Nel frattempo una successione di caratteri che mi fanno da carattere
inchinati nella pece di un inchiostro che non osa parlare
che del mio mistero tanto teneramente agognato.
Del mio mistero io sono il perdono nel buio
e del buio io sono il perdono alla luce delle mille e una notte
che mi racconto nella insolubile legge del buio.
Sarà una favola a lieto fine?
04 giovedì Giu 2015
Come ringraziare la legge del buio se il buio mi legge?
Diremo che al buio io sono una presenza, un fantasma.
Il buio è più luminoso della luce del sole,
per quanto siano sole tutte le presenze che distano più dal
Sole che dal Buio.
E’ questione di statistica.
Siamo i figli del buio e ci brillano gli occhi, al Pensiero.
Nel buio il pensiero è fantasia, inesauribile.
Nella fantasia il buio si colora di ricami di originale fantasia.
Nei miei occhi brillano le stelle che cadranno al buio.
Il buio mi legge quando sto per cadere.
Basterebbe una spinta e giù,
perderei ogni luce che abita i miei occhi scavati nel grembo buio
di ogni madre,
che mi precede nel buio e che nel buio trova rifugio.
Chi fotografa il buio una volta
lo porta nel cuore per sempre.
Il buio mi morde, ma il buio mi dona.
Mi dona alla luce che non mi morde come il buio,
ma che mi scava una porta per rifugio.
Siamo i profughi del buio, alla luce, e combattiamo la nostra guerra
da illuminati, se conosciamo la legge del morso del buio.
Ho un capo buio addosso, quando mi parla l’Amore
Ho una corona di stelle sul capo del buio quando sono Amore.
Se spengo la luce sono certa di ritornare alla luce,
attraverso il buio.
Attraverso buio.
Sono di buio se tu mi leggi la notte in pieno giorno
ed io mi accendo di fuoco vivo per cibarci,
Mangiastelle, occhi grandi,
pupille.
03 mercoledì Giu 2015
Posted poesia, prosa poetica, versi, versi poetici
inSagoma di un soggetto smarrito nei ritagli di un teatro
maschera che non maschera
l’opera della platea
di cui ogni viso è il tuo viso nell’arena della battaglia
dove sgorgano furenti le urla e di baccano invidioso,
si perde la vista nell’occhio del ciclone, ad ogni palco
che rifugge la grazia di un sonno ombroso,
quando Domino domina la scena e l’occhio è tutto
tutto ciò che si può tradurre in originale ed in origine
poi cosa non è
se non buio
sin dal principio,
cuore nero trafitto di pallidi strali di sole
ricadente nel letto di Notte
narcisistico amante di etoile
stella cadente dal primo respiro
autodesiderante
che l’emisfero su cui poggia
ricolmi un secondo emisfero
piedistallo o colonna
di un nuovo Mondo
nato da un buio capovolto
in Pace.
Prestami la pace, come la luna si presta al buio
e come essa nasconde ogni stella diurna
riposami il respiro quando esso finirà
di consumarmi la vita.
03 mercoledì Giu 2015
Posted poesia, prosa poetica, versi, versi poetici
inSuperstizione, Michelangelo Antonioni (1949)
Ci sono occhi che riparano occhi.
Buchi neri come di pupilla che attraversano ogni superficie
senza copiare felicità, versano la moneta degli occhi
come vogliono le mosche agli astanti
per lasciarti solo nel vitreo
dell’occhio di bue
se la luce è ancora amica
di qualche proscenio
se hai ancora la tua parte di buio da colorare
con un cono da parentesi teatrale,
prima che ogni buca parli
la lingua di ogni buca
sgretolando i fossi dalle croci trapiantate nelle corde
della memoria, nel sovrasuolo parlante che odi nelle feste dei morti
che sono i nostri secondi e terzi nomi
che sono i nostri secondini a noi antecessori
stretti nei palmi non più i visi, ma le voci
nella balera che sovrasta la camera
ed ancora non puoi salire
a nessuno scatto è data l’apertura di una porta
sulle terrazze di coloro che furono i vicini.
Ma chi di scala perisce di scala ferisce
innalzando il tuo essere all’epopea dei superstiti
vai sganciando gli occhi da Euridice
ad ogni quasi notte della tua vita.
E’ la legge del buio
specchiarsi negli spettri di ciò che non siamo
abitare tutta la galleria di un museo
senza conoscerne il pittore.
Solo il nero fra le mani
fra mille soli neri fra le pagine
con la medesima successione di numeri irrevocabili
voto d’altri tempi
per il miracolo della vita
ad ogni immagine e somiglianza
d’occhio e croce
03 mercoledì Giu 2015
Posted poesia, prosa poetica, scritture, versi, versi poetici
inL’eclisse, Michelangelo Antonioni (1962)
La legge del buio non è dettata da notte alcuna.
Il riposo non è paura degli occhi,
ma spesso la vista è così vasta che il buio vince la notte.
Ecco che l’eco di una o più voci, un ritornello che ritorna
richiama alla memoria quel tanto di nero che ebbero le pupille
sganciate dagli occhi, senza colore, o, se si vuole
temporale d’iride, tutte le iridi non fanno una pupilla
quando il riflesso è solo nel vetro di un quadro,
sia esso l’universo di un pavone come un poeta
che stacca una piuma a favore dello sguardo animale
che soprassiede ogni cosa che siamo
ed il primitivo nero si fa percossa agli sguardi
e non posso dirmi cieca
se leggo fra le righe del tempo
ciò che sono stata, ciò che sono,
quando arriva ciò che sarò
nella tempesta delle statue che portano i copioni
a svolgersi come deve svolgersi un copione
anche dietro ai cori più alti, non sarà che commedia
una cosa ridicola, sempre più imbarazzante per quanto semplice
nel proprio orrore perpetuandosi.
Dite a colui che mi ha scritta che ogni verso si ripiega
e torna.
Dite che le lettere non trovano più spazio nel foglio:
è caduto l’inchiostro sulla parola “Amore”.
Non c’è copista che mi legga intera
sin da quando sono venuta alla Luce
ci sono bozze e brogliacci da recitare a braccio
ed ecco che io perdo la tua mano.
Li ho visti sulle scale a bestemmiare su tornei
di lancia, a tirarmi i dadi dell’esistere,
fino a moltiplicarmi i punti sui dadi affinché non avessi pace.
Le finestre parlano chiaro.
Le finestre parlano scuro.
Se mi ritiro per un giorno di dadi forse non cadrà nessun punto.
Se la macchia sul foglio ha consumato ogni favola, non ha cancellato la leggenda.
29 venerdì Mag 2015
Posted poesia, versi, versi poetici
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Offro il mio
bacio nudo
al corpo risorto
nella reminiscenza
ove di dna
portammo il sigillo
ad ogni frattale
di presenza
spirando spirali
d’essenza
in riccioli presenti
capricciose orme
comparse di testa
in univoco
disegno
mareggiando colline
d’esilio
ad ogni meriggio
che statua
tramuta
in creta molle
di folle vita
aspersa
quando dio
piove
se vuole
così
30 venerdì Gen 2015
Posted poesia, versi appunti ritrovati, versi poetici
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nei tuoi occhi la via
per camminare
Giovanni Pascoli, Patria (da Myricae)
sono quella che vedi
e ti sarò riflesso
oltre il mio sguardo
perché i tuoi occhi
sono il filo d’Arianna
d’ogni pensiero
nei labirinti
di una mente
che lega il flusso
al punto di un filo
con nodi alla tua gola
ad ogni respiro vivo
del coraggio di vivermi
29 giovedì Gen 2015
Posted poesia, Senza Categoria, versi, versi poetici
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Tienimi nel presente
perché per il mio quadro
non c’è alcun futuro
oltre i tuoi colori
08 giovedì Gen 2015
Posted poesia, versi, versi poetici
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Ho scucito le capriole del marmo
per una tua immagine
una misura dei tuoi occhi
che mi sbuccia le braccia
d’ogni mare natio
nella genesi delle fontane
che mi sono il sangue
vivo del colore
d’ogni sacrificio compiuto
per arrivarti qui
dove incido il mio cuore
ai piedi dei tuoi suoli
per scenderti gli abissi
d’un oceano di sguardi
rossi di tramonti
dove il sole vendica
ogni futura notte
lontana da te
che hai rinchiuso il mio futuro
nel disegno di una bellissima perdente
12 mercoledì Nov 2014
Me & Bob Quadrelli
ospiti qui : http://www.nazioneindiana.com/2014/11/12/concordi-a-kanop/
10 lunedì Nov 2014
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Su un piano estremamente generale si potrebbe dire che il termine “poesia” è iperonimo (o iponimo) di sé stesso, per più aspetti. Ciò che interessa ai fini del nostro discorso è anzitutto l’ovvia constatazione per cui in sé la prosa esteticamente connotata è soltanto il corpo fonico della struttura mediale che la poesia ha acquisito, accanto al verso, con il passaggio dall’oralità alla scrittura, in una remota fase dell’evoluzione della medialità umana. Un ulteriore tratto originario della poesia è il suo discorso di riuso, unito al suo tessuto metaforico non ripetibile: una trama di one-spot metaphors, alternativa alla metaforizzazione replicabile, automatica, del linguaggio ordinario nel suo uso ordinario. Va tenuto presente che le metafore ordinarie del linguaggio ordinario hanno una remota radice nel biologico, nel sistema di associazioni ideativo-percettive che l’uomo, come organismo vivente, costruisce come basi della sua esperienza sin dalla culla. L’evoluzione linguistica o segnica del tessuto metaforico implicito in questo sistema ideativo-percettivo è un processo consueto, nell’esperienza individuale. Quel peculiare atto linguistico che si proponga come riprocessamento di aree ampie e fondamentali del tessuto metaforico dell’esperienza comune, al di là della bruta crescita individuale, è una espressione poetica. Per questa ragione l’espressione poetica ha origine in un contesto sciamanico, magico-religioso -si vedano tanto il vecchio aforisma di Borges secondo cui la poesia è un gioco di esercizi magici, quanto gli studi etnomusicologici e comparatistici che indagano la natura della connessione fra funzioni sacerdotali e forme poetiche o preletterarie nelle culture primitive. In effetti, la poesia riorienta il mondo. Le diverse poetiche individuali, all’interno di uno spazio letterario determinato, cercano poi di costituire per questi connotati generici un volto storicamente definito e plausibile in un certo tempo: una tipica storico-culturale del giudizio estetico-letterario che renda concreto -e dunque sensato- il lavoro poetico. In senso lato, tuttavia, riorientamento metaforico dell’esperienza e connotato “teurgico” del testo poetico restano nel sottofondo: il poeta dotto può storcere il naso, ma forse non è peregrino pensare che l’ambigua ricezione che la poesia ha oggi, fra marginalità di mercato e fascino perverso che induce quasi tutti a volersi avventurare nell’oscura terra del versificare, sia la versione 2.0 dell’ambiguo trattamento che l’uomo tribale riserva a chi traffica col soprannaturale vero o presunto: rifiuto e disprezzo, interesse e curiosità.
Ciò detto, veniamo a quanto attiene all’aspetto più vistoso di quello che io personalmente metto in versi: questa mia strana restaurazione metrica rimasta abbastanza in sordina -non è che abbia poi gran pubblico anche nella nicchia ristretta della poesia vera o presunta- fra più o meno vago rifiuto e più o meno vaga curiosità. In parte essa nasce come correlato della mia attività di traduttore di poeti di lingue antiche e da una riflessione sulla ricezione impropria che il testo poetico tradotto ha fra noi quando la sua struttura ritmica, che è la sua espressione mediale, viene ridotta a rigo di prosa -riflessione che mi ha portato a cercare di tradurre poesia ricostruendo forme. Tradurre ricostruendo forme, nel contesto della traduzione industriale, è considerato un’eresia per molti aspetti, fatta salva qualche occasionale eccezione. Si ricorre al ripetibile stico alineare. Ma appunto questa domesticazione soprasegmentale del testo dovrebbe indurre in sospetto. Se c’è una politica del tradurre, dell’interpretare un testo, e una politica del ritmo (cito Meschonnic, in modo improprio), c’è anche una politica generica dell’hermeneia intesa come procedura di interpretare il testo altrui ma anche il proprio modo di tessere il linguaggio (interpretatio come interpretazione e stile). Una politica dell’hermeneia a ritmo debole, o senza identità ritmica, è una politica dell’hermeneia che vuole ridurre la poesia a procedura ripetibile. Ovviamente non sto accusando il poeta di versi liberi o atonali di essere asservito a un sistema di produzione in serie per palati proni al banale. Sto affermando però che dal mio specifico punto di vista uno dei modi più efficaci di effettuare la mia individuale coupure épistèmique col discorso di consumo, anche con quel particolare tipo di discorso di consumo che è la (para-)letteratura di grande mercato, è una ristrutturazione del ritmo -non necessariamente così tradizionale come sembra -quale dimensione mediale insopprimibile del testo in versi. Inoltre non mi sono mai piaciute le cartoline postali rimaste inesitate nel mito totalizzante dello scriptum come obliterazione della voce a testimoniare l’assenza di un’assenza. Che lo si voglia o meno, un testo che abbia scopo estetico -riesca o no lo scopo -è una volontà di presenza.
Daniele Ventre
27 domenica Lug 2014
Posted alfabeto, arte, bob quadrelli, poesia, poesia incivile, versi
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Aura d’Atomo Archetipo Arcano Ancestrale d’Atavici Abissi accendesti avvampanti Astri abbacinanti e Aurore antesignane di Amebe anaerobiche in Acque Atlantiche :’Atlantide’e alti alberi Abeti Acanti Aceri Agavi Alghe e ancora : Allodole Aquile Aironi Antilopi Alci e Australopitechi Arabi Africani Ariani Americani che Abachi han reso Automatismi aleatori e abili artigiani di abnormi ambizioni abominevoli aberrazioni e aborti d’Abramo nell’Abside dell’Abbazia Antartica annoverata in Annali abusati e alterati da Acari nell’Accademia Aristotelica e Arianna accaldata in accapatoio agita accapiglia le arti d’alieno in Afasia Asmatica accenna accavallando aglio e aromi aspri agrumi arance & aringhe accenti accorda atonali Arpe accessoriate d’Antro Aereato accetto accocolato Algida Anima Argentea accigliata acciecami Austera e accoglimi Alata che acclamandoti se acconsentirai l’Accoppiamento Astrale di accurato accorpamento Andromedino allineando Arno e Acheronte Acheo d’Atene aceteline per androni e acciacchi articolari acidi acini acme d’alcolici accentua l’Acquarello Azzurro e acquieta l’Acrilico acre d’Acromatica Acrobazia acuta astrazione acustica adagiami Adamitico addendo Adamantino addobba addolciscimi addormentati addosso l’Addome Adolescente Adatta Adrenalina e assorbimi avvinta d’Artigli Adunchi d’affabile Alchimia Algebrica Assonante Affascinante e Affiatata Affinità e Ampio Afflusso d’Aorta affrancami d’Animale l’Anima affusala l’Affondo Afrodisiaco d’Afa accalorata Alba di Afrodite agiata d’aggettivi agghindata e Aggraziata aggomitolati accanto agile ago Agnostico in Asola d’Acquario Astrolabio d’Alabastro Ametista d’Albania alambicchi d’Azoto Alcaloide nell’Alcova in Acquisgrana aleggia Alettante Alfanumerica allenami d’Aliti alimentami allattami e allupato allagami d’Allegorie e Aforismi Acronimi e Allegria allietami Allibito Alligatore Allucinato alludi Alma e d’Alone d’Afrore alluvionami Altezzosa nell’Alveo ammaliatore Amazzone Ambita Ambra d’Alcazar Ambrosiana attuale Amenità d’Aracnide ammanattemi ammansito ammiccando ammutoliscimi nell’amniotica Amnesia Anestetica Ampolla d’Amplesso Anarcoide Ancorami Ancella in Andalusia Anguria e Anice annesso annodami annuendo annusami ansimante : Amami
17 giovedì Lug 2014
05 sabato Lug 2014
Posted poesia, versi, versi poetici
inTag
Tengo il passo
e non posso attraversare
passione
senza che la passione
mi consumi
La morte ha le radici nelle radici
e i rami nei rami
e fiori
per ogni angolo di terra
di un cammino
a cui dici
passo
E non posso attraversare
passione
senza
trapassare
23 lunedì Giu 2014
Posted poesia, versi, versi poetici
inTag
Eppure quanta grazia in tutta questa decadenza.
scivoliamo giù per le colonne degli astanti alla nostra anima
siamo un corpo speciale
per il pericolo
vigiliamo il fuoco
prima di spegnerci
come vestali
in caduta mai libera
mentre ci scendiamo
senza arbitrio
arbitrati
dal passato
di un pilastro altro
cui si fece templio
nella città sacra
del nostro libro
intuendo la pagina
dall’occhiello
e dall’occhio più limpido
fra le nuvole
Mi sono data un voto
per la tua bellezza
19 giovedì Giu 2014
Posted versi, versi poetici
inTag
per peripezie
in tappezzerie
di sceniche seccate
in un colpo
si ripetono gli occhi
sul futuro
si chiudono
al passato
quando il sole è precipitato
in ogni simbolo
che è un colpo
al cuore
antenato
sul fresco muro bianco
delle nostre stanze
immacolate
11 mercoledì Giu 2014
Posted poesia, versi, versi poetici
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10 martedì Giu 2014
Posted foto, poesia, versi, versi poetici
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27 martedì Mag 2014
Posted arte, immagini, poesia, versi appunti ritrovati
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DI CORTECCIA
Sei l’albero della mia unica fatica
spezzarti la corteccia in mille cocci
vederti dentro e assaporar gli anelli
la linfa il legno molle che si piega
piallare con la mano il tronco tutto
renderti liscio al tatto e il ramo piano
salire su con l’edera corpunta
ch’aggrappa ogni tuo spigolo latente
sola nella foglia che non mangi
che sa d’amaro alla tua lingua dolce
mi faccio fiore in faccia per colore
e frutto che si dona già maturo
in stagione acerba di pistilli
essere già impollinata d’ape
la punta, apice dell’incontro nostro
A FIOR DI PETALO
Il pensiero cresce a fior di petalo
sfumato nel colore di quello che attira l’ape alla corolla
come mi preme sul polline l’idea della viola
che ricorda il tempo per ogni tratto reso
al margine di un equinozio di sillaba
ripetuta in un passato di raccolti
in mazzetti ricamati con manine
allo stelo del giorno che ritorna
alla stagione che nasce con il tuo sorriso
e svela alla farfalla il suo rifugio
fra le guance dell’ ariosa creazione
di un attimo giglio
NUOVO SOLE
Piangono petali freschi i tuoi occhi di gardenia
fra le frasche bagnate dall’umido umore
di nuova vita che cresce a tender la voce
ronza la vespa alla persiana cercando colore
e giada in foglia striata nasconde il segreto
di una corolla di ali che sbatte ormai giunta
al nido dolce dal viso divino del cielo
tutt’un turchino soffitto alle stelle da palco
chè è nuovo sole e lo si raggiunge in un salto
27 martedì Mag 2014
Posted poesia, salvatore quasimodo
inMILANO.AGOSTO 1943
Invano cerchi tra la polvere,
povera mano,la citta è morta.
è morta:s’è udito l’ultimo rombo
sul cuore del Naviglio.E l’usignolo
è caduto dall’antenna,alta sul convento,
dove cantava prima del tramonto.
Non scavate pozzi nei cortili:
i vivi non hanno piu sete.
Non toccate i morti,così rossi,così gonfi:
lasciateli nella terra delle loro case:
la citta è morta,è morta.
ALLE FRONDE DEI SALICI
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio,al lamento
d’agnello dei fanciulli,all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici,per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
07 mercoledì Mag 2014
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t’avrei dato nome a fuoco lento
come di fiamma che non brucia
ma cera d’intorno alla luce che c’era
e cera e c’era mille volte ancora
potrebbe per ipotesi che tu ti avverassi
nei sortilegi del calore che sciolgono le reni
e tremi se ti dico che ancora posso
creare questo fato di magia d’afflato
o con il fiato spegnere tutto
sul bordo ormai dimenticato del letto
ed accendere solo una candela a lutto…
07 mercoledì Mag 2014
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Tremula
come il ricordo
di una felicità
questa luna eclissata
dietro sipari di luce propria
alla compagna sfera del giorno
che già nascosta nascondeva la notte
le acrobatiche stelle delle orse
su carri rotanti al bagliore di sole
il carico delle messi estive
senza estasi e stasi ma fatica
traccio il mio orto concluso in terra
e mi perdo per le vie
di un travaglio senza figlio
di alcun dio che illumina
la mia strada percorsa nella febbre
della sera di mezzogiorno
al fuoco delle rose di maggio
sposa di un cielo minore
cala sipari di nuvole
pensieri di sparizioni
accoglie un raggio per ogni
perimetro di mano
che mi darò di mano
celebrando il mio matrimonio con me stessa
05 lunedì Mag 2014
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In un volo sincopato dalle nuvole
ove l’occhio racchiude il recinto incalpestabile
trottolerò leggerezza dalle ali degli uccelli
nelle danze di soffitti ricolmi di cose
di case di pensieri a lume di sole
e notti di lune cangianti dense come marmi
cesellando la ragione che mi porti ancora
avanti e sopra i cieli sarà il mio nome
dove la piuma si stacca riattaccherò la mia parola
veste di psiche che fluttua sulla vita
se mi manca il verbo non è che un peccato
a cui chiedo un perdono fedele come un cristo
l’ultimo al quale abbiano steso un cielo in terra
mille e mille rondini di ordini eterici
battono le ali per avversare la terra
batte il mio cuore per attraversare la mia altezza
nella misura in cui mi sento sollevata
per ogni mio gesto teso all’apice
nella vertigine di ogni caduta
che siamo
02 venerdì Mag 2014
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Magma che esala un apostrofo
per non morire di freddo
dopo il primo lallare
dammi una lingua da baciare
fiamma che esala
il silenzio
di una nanna
per portarti a letto
come una mamma
dopo tanto calore
01 giovedì Mag 2014
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Quanto costa
sollevare un oceano
per un bicchiere d’acqua
al giorno
01 giovedì Mag 2014
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alle nostre spalle
nient’altro che prati
tentati, vissuti, giocati
o mai percorsi
questa è la terra
24 giovedì Apr 2014
Posted poesia, versi, versi poetici
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Guardare il fiore
da una angolatura
che non è di terra
che non è di cielo
che non è possibilità
né di crescere
né di giacere
fiore
ma forse piovere,
ancora
sulla primavera finita
che non frutta
23 mercoledì Apr 2014
Posted poesia, versi, versi poetici
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Ti ricordi
che faccia
che facevi?
La vedi
la faccia
che hai?
forse un discorso non potrà neanche salvarti
ma una lettera sì
21 lunedì Apr 2014
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Tremano le armi d’un affetto mancato
nel bianco che bianco resta
come la morte su un lavoro incompiuto
scriverei di rosso questo se fosse un lamento
ma il sentimento ha già lasciato la fossa
alla più bassa delle prese lacrimogene
di questa camera a gas
dove si esala un respiro
in incipit al funereo mantello
che nero non s’appaga
dell’inchiostro versato
nel bianco che bianco resta
resterà forse il mio, il vostro nome
sulla chioma sbiadita
d’una candela come d’un santuario
che nelle mani di mille figli
esploderà come una bomba
nel loro battito sincopato
dell’amor esploso
in aria
16 domenica Feb 2014
Posted poesia, versi, versi poetici
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Miele grattacieli
su lune che si stagliano
come zuccheri a veli
zollette dolce mondo
cotogno e di glasse
inzuppare la lingua
nel dolce elisir
e finir
mai
di gustare
la tua vita
13 lunedì Gen 2014
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Ti ripasso lo smalto
dall’alluce
nell’inchino
quando
siamo l’ uno nelle mani dell’altro
e guardiamo i piedi
sbattendoli forte in aria
suscitando applausi
in indice
12 domenica Gen 2014
Posted poesia, versi, versi appunti ritrovati, versi poetici
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Quanto d’amore mancato…
“The Mechanics of Love” (1955) – Willard Maas & Ben Moore
30 lunedì Dic 2013
Posted poesia, versi, versi poetici
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Rintocco sola
per tutti i miei soli
ma resto sola
per te solo
che sali
le scale
dei cieli
per scendermi
stella
con ciglia
dedsideri
22 domenica Dic 2013
Posted poesia, versi, versi poetici
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Mi regalerei mille stanze
e spazi a riverbero
di giostre di porte
di varchi a decori
più vive dei fiori
in mostre di stagioni
a sole e brine
ragioni di
rugiade d’ un calore
che solo la corte
degli occhi
non smette
alla corte mia
d’amore
infinita
02 lunedì Dic 2013
Posted Gianfranco Fabbri, poesia, versi, versi poetici
inTrovammo, giù oltre le vecchie scale della fonte, un giovane tenente morto da due giorni, con il torace sconvolto dalla mina;
lo squarcio aveva avuto ragione del costato; cuore e polmoni più non si conoscevano sovrani di se stessi;
l’occhio, spalancato oltre l’umile fissità, era lo zimbello delle mosche pazze di vita.
Qualcuno venne – tirò su quei resti e li avvolse in un lenzuolo d’incerato.
Vedendo la compagine sparire, ci sentimmo più poveri e della povertà sicari.
30 sabato Nov 2013
Posted letteratura, letture, libro, Mirko Servetti, poesia
in
di MIRKO MIROSLAV SERVETTI
“Un bacio ad apparir bocca di un cobalto…”
I
Quando il linguaggio cessa di esistere nella sua forma servile, vien meno anche il sistema difensivo sul quale si instaura la sintassi. Non c’è più un tempo vuoto e omogeneo da riempire con le sedimentazioni dell’esperienza e del significare. Dissenso dal parlare, allora: da cui scaturisce una scrittura inattesa, impossibile, costellata di ricordi senza alcuna presa sulla memoria (Ho cambiato il colore dei miei occhi su una pagine di legno che frutta marciapiedi per i sorrisi mai recapitati alla posta del mio cuore a trampoli 1). L’ora, in stato di quiete e di non coincidenza con ilpresente, viene incontrato dal ricordo al di fuori di qualsiasi durata (Lui è un trompe l’oeil, che vedo solo io e che esce dal foglio con la mano aperta a portarmi il saluto delle parole turchine 2). L’ebbrezza, il senso di essa, insita nel complesso della raccolta, è il tempo senza mondo in cui esso emerge.
II
Non si ha alcuna tessitura testuale dell’inconscio, alternativa a quella della memoria, perché è l’Altro da ogni tessitura ciò che viene a ritmarsi nel sussulto intermittente della Surrealtà (Scivola senza sosta/sibilando serpentina/questa mia lingua srotolata/sulle soglie stridenti/di un senso selvatico 3). E non è più all’interno dei “programmi” che accade l’incontro, folgorazione accecante (ché in quanto folgorazione, rivela la celata ‘seconda vista’ quale fattore di ‘ebbrezza’) dell’essere flâneurperduto nella giungla anamnestica della meraviglia (ti strangolerò/con del filo -/il filo del/discorso/spezzato in/ogni briciola/del tuo silenzio – 4).Il frastuono delle barriere si smorza, rimane soltanto un ‘brusìo’ insistente, fuori campo, estraneo al campo visivo del mondo. La scrittura di Francesca Canobbio si manifesta come sorta di ierofania profana che disattende la salvezza del libro, arrischiandosi nell’opacità del ricordo fin dal primo istante, utopia dell’umano imbroglio delle parole che vorrebbero restituirne il volto, se non il senso (Quando ti prende il sentimento/e l’alibi hai perso/sul tuo stesso cadavere 5). Scrittura come ‘malattia mortale’, frammento apolide nel deserto muto delle metropoli e dei luoghi ‘di senso’, sussulto che squassa la gola. Follia dell’inorganico, forse, o trasparenza che si risolve in un nulla da vedere, tranne il vuoto che complotta, insistente e invisibile, erodendo la compatta vanità dell’esserci (Il profilo dell’assenza/è abuso della maschera/è metafora che moltiplica/il carnevale dell’ombra/… 6).
Mirko Servetti
Indice delle citazioni
1) da “Quella risata che parte dalla fine”, pag. 27
2) ibid. pag. 28
3) da “Sonora”, pag. 43
4) da “Accento minimo (del plagio)”, pag. 60
5) da “Quando ti prende il sentimento”, pag. 61
6) da “Il profilo dell’assenza”, pag. 85
da Arcolaio.ning
http://arcolaio.ning.com/profiles/blog/show?id=4508738%3ABlogPost%3A22293&xgs=1&xg_source=msg_share_post
25 lunedì Nov 2013
Posted poesia, versi, versi poetici
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Cascate a Misteri
Cascate di Misteri
tutto
è domani oggi e ieri
e non c’è confine
fra gli atti
dell’esecuzione
al processo
della processione
fino al rovescio
di ogni tempo
infinito
25 lunedì Nov 2013
Posted poesia, Senza Categoria
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Greta Rosso
19 martedì Nov 2013
Posted Daniele Ventre, Ghérasim Luca, poesia, traduzioni
inno no nononò passo
nonò ppasso passo nonò
il passo no il passo falso il no
nonono, il passo il mal
il malva il malvagio no
nono passo il passo il papà
il malvagio papà il malva il no
nono passa nopassopassa
passa passa passa lui lui no passo
passa lui il passo del no del papa
del papa sul papà del no del passo
passapassa passi il sopra il
il passo il passi passi passi pisciate sul
papa su papa sul sicuro la sicuro
la pipa del papà del papa pisciate in massa
passa passa passi passapassi la passo
la basso passi passapassi la
passio passiofagotto il basso
il passo passione il fagotto e
il no il basso do passo
nono do passo passio passione do
non do non domi non passi non dominate no
non dominate no vostre passioni passive non
non domino vostra passio vostra vostra
ssio vostra passio non dodò vostro
vostro domino d’oro
è dandanno do dodoro
do no passo non domi
no nopasso passio
vostro no non do non do non dominate no
vostri passi passioni vostri no vostri
vostri passi divo divoranti non do
non dominate no i vostri ratti
non i vostri ratti
non do divoranti non do non dominate no
non dominate no le vostre passioni ragioni vostre
non daminate no le vostre non le vostre non do do
minate minate le vostre nazioni ne mai do
minate non do non mi no no i vostri ratti
le vostre appassionanti ragioni di ratti di no
no passa passio minate passo
minate no vostre passioni vostre
vostri razionali ragù di ratti divo
divorateli divo dido do domi
non dominate questo ha questo pregustare
di ragù di no di passo di
passi di pasigrafia gra fifia
grafia fia di fia
fifia fan fantafan
fantafan coco
fantascopio fifia
fofo fifia foto do do
dominate do foto minate fifia
fotomicrografate i vostri gusti
queste pulci coreografiche fifia
dei vostri disgusti dei vostri danni no
no sta passio passione di da
coco sco da i danni no
il passo no passionà passione
passione appassionato nato nato
è nato della nato
della nega da della nega
della negazione passione gra spu
sputate spu sputate sulle vostre nazioni spu
della neve è è nato
appassionato nato è nato
a rana a rabbia è
nato lui alla nato alla necrorana cra rabbia è
è nato lui della nato della nega
nega ga cra sputate della nato
della ga passo nega negazione passione
appassionata naso appassioniamo io
io t’à io t’amo io
io io jet io t’à gettate
io t’amo appassioniamo t’amo
io t’amo io io gioco passione io amo
appassionato ato ato amo amare
emergere amare io io io amo
amare emergere e e e passo
passi passi a a a a amo
ama emersione passione
appassionato ato io
io t’à io t’amo io t’amo
passa passio o passio
passio o mia gr
mia gra spu sputate sulle ragioni
mia grande mia gra mia te
mia te mia gra
mia grande mia te
mia terribile passione appassionata
io t’à io terri terribile passio io
io io t’amo
io t’amo io t’à io
t’amo amo amo io t’amo
appassionato ato amo io
t’amo appassioniamo
io t’amo
appassionatamente amante io
t’amo io t’amo appassionatamente
io t’à io t’amo appassionato nato
io t’amo appassionato
io t’amo appassionatamente io t’amo
io t’amo passio appassionatamente
08 venerdì Nov 2013
Posted poesia, prosa poetica, versi, versi poetici
inLa rotta a tutto non può che ricomporsi in spezzoni che sfasciati a ogni nastro la parte del pezzo la scheggia in un ritaglio di brano spartito ci vuole la scheggia ed il tocco per il servizio d’articolo determinato a tempo indeterminato luogo comune a chiunque eppure solo per pochi uscire dalle righe trovare la linea ed il fregio per solcare ogni fila e passare davanti davanti davanti in fronte averlo scritto
03 domenica Nov 2013
Posted poesia, prosa poetica, Senza Categoria, versi, versi poetici
inper tessere al parco filo club l’entrata in una nuova room in un saloon contavamo gli attimi e poi i secondi primi dopo primi noi x terzi in periodi distanti d’istanti stanti tanti stenti quanti i lenti calanti concatenanti le perle ed i punti dei pianti issati sui colli preziose le strette dei denti sul riso mondato mandato dal cielo
miracoloso ad ogni fine che è confine di un nuovo fuso e uno filo nodo in gola per una trama quanta storia gloria e miseria della materia lo studio di una puntata sulla bandiera e sulla luna per un marziano e bach che suona mentre muore il gas e l’acqua che sbolle nessuno la sala e non sale più niente non sale più niente non sale più niente scendono tutti giù sempre
03 domenica Nov 2013
Posted poesia, versi, versi poetici
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Piove
dolce cupola di livrea paradisea
le tue parole sono un’idea
per resistere ad un’ epopea
come l’amplesso fra un dio e una dea
come il fiato di un maratoneta
26 sabato Ott 2013
Posted poesia, versi, versi poetici
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Siamo macchie nere inchinate
sulla morte della piuma più alta