Video del Maestro e premio Tenco Bob Quadrelli estratto dal mio nuovo libro “La legge del buio” in uscita a gennaio per le edizioni Oèdipus
29 mercoledì Nov 2017
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02 giovedì Giu 2016
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arte, eros, poesia, versi, versi poetici
ad A. S.
Tu sei la mia unica Lingua
e se mi tagli
sarò biforcuta
strisciando
come un serpente
sul tuo Uroboro
21 mercoledì Ott 2015
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inQuanto si piega, si sferza, si liscia, si ammoscia, si dirige nelle ghiandole e nel sangue, di giorno in giorno, nell’esausto caos del momento preciso in cui si ci accorge di essere ancora vivi, dopo ogni notte, alla suprema alba dei canti diurni che riconducono all’esausto desco del travaglio sull’asta del saltimbanco in perenne fuga dalla caduta voraginosa nella selva del cervo abbattuto durante la caccia sfrenata alla preda del mondo, un fantasma senza arte né parte a guidare il proprio baule in trasferte per vette e pianure di spazi che rigettano i corpi affilati dalla lotta perenne con la propria figura che si dirige di maschera in maschera verso sepolcri di mondo a conciliare baldorie e preghiere con giorni e notti a venire a supplicare una veste di pace sul soffitto inamidato del cielo che farfuglia canti che badano alla nuvola disastrosa in laghi di pioggia e lacrima di misteriosa fattura che infanga la terra di spermatica vita in divenire di orti e di fiori maldestri senza braccia e su un solo piede nello sguardo paralizzato delle loro croci a corona del cerchio dell’esistenza mutilata dei fiori per belletti ad inutili altari di sandali tripedi per santi che portano la pace nel cuore di una croce o di una moschea o chissà quale tempio per nuove sante guerre che vorrebbero decidere del tuo destino celeste, quando il colore è una nota iridescente, iris spietata che investe l’umano della costosa fatica di stare al giorno svegli alla luce dei giorni, iris dell’anima sola e disfatta che non prega che il diritto alla separazione dal matrimonio con il corpo terreno e si esalta di momenti di fulgida estesi in abbracci spietati con l’etere eterno in ogni momento di rara unica sacra e sfuggente ventura di gioia, riposta nell’unica carne che ci possa rendere immuni dal fuoco del mondo, il corpo astrale nel viaggio verso ritmi di armonia che non sono mai negati a nessuno e costelleranno l’essere nella notte dello spirito, quando tutto si consumerà nella pace del respiro che dissesta le membra alla sincope sicura di inspirazione ed espirazione della terra, dei fiori amputati che stillano gocce di profumi per arti parzialmente invalidi come quelli della memoria, che si consuma oltre la soglia al cigolare della messa eterna sull’altare del palco che imitatori di sagome consumeranno esperte di battute a dare le voci più grandi ai più piccoli nella genesi di ogni creatura plagiata da madre e padre terra, in una lingua che solo in pochi, superato il buio, sapranno pronunziare e non lallare per parlare con la forza che conviene alle creature senza corpo del vero cielo umano in terra
19 lunedì Ott 2015
Il sole ha fatto una ruota sul buio centro delle nostre coscienze.
E un attimo si è affilato di iridescente croma di luce.
Altri giorni come lazzareti putrescenti al sapore della pena incisa dagli avi nel dna dell’umana creatura.
Colpa di fatiche per il popolo sepolto dalle gerarchie che solo il buio spegne con la tiepida e sacra corolla del sonno che investe le membra di nuova linfa e spegne la diurna saga della nostra incomprensibile esistenza al fuoco di questo cielo rosa, che nell’inverno delle stagioni apre le nuvole ad un sole che si coalizza con la sagoma degli uccelli a portare l’annuncio di nuovi canti al travaglio che mal sopportano le curve schiene del mondo sovrappopolato da città di schiavi che lo abitano intero nell’ora orizzontale, quando abbia da appiccare incendi sul nostro cuore che solo la follia del giorno conosce, sepolta dal solo sacro benedire del sonno che ripara i fianchi alle colonne della terra sparigliata per le trame di un reame per ogni Prometeo la cui aquila assassina squarcia il fegato consunto per quel gesto folle di illuminare il mondo che solo gli idoli attraversano indenni.
Processioni di uomini che ascoltano il canto dell’aquila a ritornare alla carne col becco di sangue che scrive la storia della luce nel cantiere del mondo, una fucina per gli storpi lavoratori delle miniere terrestri, dove gli orrori spaziano da spazio a spazio di suolo, capovolta ogni benedizione che maledettamente si dispiega a canto di tenebra come un cobra che abbia inciso la propria coda con i denti nell’uroboro della bestemmia perpetua dell’umano sopravvivere in questo purgatorio di luce.
E si apre una nuova tenda per l’attore del colosseo di fiere pronte all’assalto di un circo senza confini. Ed una nuova bestia ci insegna la bestia sin dai nostri primi giorni.
Bestia che sono, che sei , che siamo in questo anfiteatro per figuranti mai originali, persi nella scena di un gobbo buio che ribatte di parole gli spartiti sempre uguali per suoni di intarsiate cetre di pelle umana che vibrano del soffio che l’umana sofferenza ha inciso sulla carotide aperta dalla vita sicaria che richiede un compenso di morte per ogni figurante del pianeta e installa nell’ esercito 12000 aste di guerra per armi a combattere il fuoco dei giorni nella battaglia che tappa i musi all’unisono canto del sole per ogni spalto di generazione una nuova entrata nel girone della saga putrescente dell’esistere fra corpi vivi e corpi sepolti, che troveranno pace per la benedizione di un unico e solo buio totale e sacro alla vittoria di thanatos liberatore sovrano
16 mercoledì Set 2015
15 martedì Set 2015
Pubblicato da Francesca Canobbio - rosadstrada | Filed under arte, composition, epica, foto, immagini, ispirato
28 sabato Mar 2015
Apolide Sedentario & Manzone Ramingo ci consegna l’ultimo capitolo.
il capitolo LXXIII.
e si scrive la FINE
(per cont(r)atti, scrivetemi in privato)
12 mercoledì Nov 2014
Me & Bob Quadrelli
ospiti qui : http://www.nazioneindiana.com/2014/11/12/concordi-a-kanop/
05 mercoledì Nov 2014
Posted arte, bob quadrelli, musica
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27 domenica Lug 2014
Posted alfabeto, arte, bob quadrelli, poesia, poesia incivile, versi
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Aura d’Atomo Archetipo Arcano Ancestrale d’Atavici Abissi accendesti avvampanti Astri abbacinanti e Aurore antesignane di Amebe anaerobiche in Acque Atlantiche :’Atlantide’e alti alberi Abeti Acanti Aceri Agavi Alghe e ancora : Allodole Aquile Aironi Antilopi Alci e Australopitechi Arabi Africani Ariani Americani che Abachi han reso Automatismi aleatori e abili artigiani di abnormi ambizioni abominevoli aberrazioni e aborti d’Abramo nell’Abside dell’Abbazia Antartica annoverata in Annali abusati e alterati da Acari nell’Accademia Aristotelica e Arianna accaldata in accapatoio agita accapiglia le arti d’alieno in Afasia Asmatica accenna accavallando aglio e aromi aspri agrumi arance & aringhe accenti accorda atonali Arpe accessoriate d’Antro Aereato accetto accocolato Algida Anima Argentea accigliata acciecami Austera e accoglimi Alata che acclamandoti se acconsentirai l’Accoppiamento Astrale di accurato accorpamento Andromedino allineando Arno e Acheronte Acheo d’Atene aceteline per androni e acciacchi articolari acidi acini acme d’alcolici accentua l’Acquarello Azzurro e acquieta l’Acrilico acre d’Acromatica Acrobazia acuta astrazione acustica adagiami Adamitico addendo Adamantino addobba addolciscimi addormentati addosso l’Addome Adolescente Adatta Adrenalina e assorbimi avvinta d’Artigli Adunchi d’affabile Alchimia Algebrica Assonante Affascinante e Affiatata Affinità e Ampio Afflusso d’Aorta affrancami d’Animale l’Anima affusala l’Affondo Afrodisiaco d’Afa accalorata Alba di Afrodite agiata d’aggettivi agghindata e Aggraziata aggomitolati accanto agile ago Agnostico in Asola d’Acquario Astrolabio d’Alabastro Ametista d’Albania alambicchi d’Azoto Alcaloide nell’Alcova in Acquisgrana aleggia Alettante Alfanumerica allenami d’Aliti alimentami allattami e allupato allagami d’Allegorie e Aforismi Acronimi e Allegria allietami Allibito Alligatore Allucinato alludi Alma e d’Alone d’Afrore alluvionami Altezzosa nell’Alveo ammaliatore Amazzone Ambita Ambra d’Alcazar Ambrosiana attuale Amenità d’Aracnide ammanattemi ammansito ammiccando ammutoliscimi nell’amniotica Amnesia Anestetica Ampolla d’Amplesso Anarcoide Ancorami Ancella in Andalusia Anguria e Anice annesso annodami annuendo annusami ansimante : Amami
27 martedì Mag 2014
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DI CORTECCIA
Sei l’albero della mia unica fatica
spezzarti la corteccia in mille cocci
vederti dentro e assaporar gli anelli
la linfa il legno molle che si piega
piallare con la mano il tronco tutto
renderti liscio al tatto e il ramo piano
salire su con l’edera corpunta
ch’aggrappa ogni tuo spigolo latente
sola nella foglia che non mangi
che sa d’amaro alla tua lingua dolce
mi faccio fiore in faccia per colore
e frutto che si dona già maturo
in stagione acerba di pistilli
essere già impollinata d’ape
la punta, apice dell’incontro nostro
A FIOR DI PETALO
Il pensiero cresce a fior di petalo
sfumato nel colore di quello che attira l’ape alla corolla
come mi preme sul polline l’idea della viola
che ricorda il tempo per ogni tratto reso
al margine di un equinozio di sillaba
ripetuta in un passato di raccolti
in mazzetti ricamati con manine
allo stelo del giorno che ritorna
alla stagione che nasce con il tuo sorriso
e svela alla farfalla il suo rifugio
fra le guance dell’ ariosa creazione
di un attimo giglio
NUOVO SOLE
Piangono petali freschi i tuoi occhi di gardenia
fra le frasche bagnate dall’umido umore
di nuova vita che cresce a tender la voce
ronza la vespa alla persiana cercando colore
e giada in foglia striata nasconde il segreto
di una corolla di ali che sbatte ormai giunta
al nido dolce dal viso divino del cielo
tutt’un turchino soffitto alle stelle da palco
chè è nuovo sole e lo si raggiunge in un salto
17 sabato Mag 2014
Posted arte, ciao nico, festa di erli, racconti, scritture
in
qui:
http://quaderni.sanprecario.info/wp-content/uploads/2013/10/Q5-La-verita-delloracococolo.pdf
da “I QUADERNI DI SAN PRECARIO 5”
05 domenica Gen 2014
Posted arte, divorziati
intratto da: http://turistipercaso.org/home/
CAPITOLO I
Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno ma senza la cassa per il, tra due catene non interrotte di monti e scelte civiche, tutto a seni di bunga bunga e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi (causa crisi economica), e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par quasi un modellino di quella Grande Opera a unir Cariddi e Scilla che incide sulle tasse, ma che nessuno infin poi costruirà.
Lecco, la principale di quelle terre, e che dà nome al territorio, e all’uso e costume italico che rese gli Emili Fede e i Bruni Vespa audience obbligatorio in tv, giace poco discosto dal ponte, alla riva del lago, anzi viene in parte a trovarsi nel lago stesso, quando questo ingrossa per dissesto idrogeologico.
Si racconta che il principe di Condé di Montezemolo dormì profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi, e anche la notte prima degli incontri tra confindustriali: ma, in primo luogo, era molto affaticato; secondariamente aveva già date tutte le disposizioni necessarie, e stabilito ciò che dovesse fare, la mattina.
Il presidente traghettatore del PD in vece non sapeva altro ancora se non che l’indomani sarebbe giorno di battaglia.
Confidare a Renzi l’occorrente. “Vedremo, – diceva tra sé: – egli pensa a essere leader del Partito; ma io penso alla pelle: il più interessato son io”.
Lo Renzi o, come dicevan tutti, Renzi non si fece molto aspettare. Appena gli parve ora di poter, senza indiscrezione, presentarsi alle primarie, v’andò, con la lieta furia d’un sindaco giovine, che deve in quel giorno far sua la Direzione. Era, fin dall’adolescenza, rimasto privo de’ compagni, ed esercitava la professione di filatore di seta (nel senso rinogaetaniano dell’ “E filava filava”, che come sappiamo il crotonese Autore riferiva alla precedente DC).
Il lavoro andava di giorno in giorno scemando; l’immigrazione continua de’ lavoranti, attirati negli stati vicini da promesse, da privilegi e da grosse paghe, faceva sì che non ne mancasse ancora a quelli che rimanevano in paese; ma per tutti i tempi si prospettavan cupi, a sentir quanto dicevano le agenzie di rating.
Comparve Renzi davanti al Direttivo del PD, in gran gala, con penne di vario colore al cappello, col suo aifon bello, nel taschino de’ calzoni, con una cert’aria di festa e nello stesso tempo di braverìa, per rinfacciare la propria giovinezza ed immacolatezza agli occhi stolti degli imbelli elettori.
– Di che volete parlare?
– Come, di che giorno? non si ricorda che s’è fissato per oggi?
– Oggi? – replicò D’Alema, come se ne sentisse parlare per la prima volta. – Oggi, oggi… abbiate pazienza, ma oggi non posso.
– Oggi non può! Cos’è nato?
– Prima di tutto ho i baffetti storti, vedete.
– Mi dispiace; ma quello che ha da fare è cosa di così poco tempo, e di così poca fatica…
– E poi, e poi, e poi…
– E poi che cosa?
– E poi c’è degli imbrogli.
– Degl’imbrogli? Che imbrogli ci può essere che non siano normali, in questo paese imbroglione, e in un Partito, poi, perdipiù?
– Bisognerebbe trovarsi nei nostri piedi, per conoscer quanti impicci nascono in queste materie, quanti conti s’ha da rendere. Io son troppo dolce di cuore, non penso che a levar di mezzo gli ostacoli, a facilitar tutto, a far le cose secondo il piacere altrui, e trascuro il mio dovere; e poi mi toccan de’ rimproveri, e peggio.
– Ma, col nome del cielo, non mi tenga così sulla corda, e mi dica chiaro e netto cosa c’è.
– Sapete voi, Renzi, quante e quante formalità ci vogliono per dirigere i servizi segreti?
– Bisogna ben ch’io ne sappia qualche cosa, – disse Renzi, cominciando ad alterarsi, – poiché me ne ha già rotta bastantemente la testa, questi giorni addietro. Ma ora non s’è sbrigato ogni cosa? non s’è fatto tutto ciò che s’aveva a fare?
– Tutto, tutto, pare a voi: perché, abbiate pazienza, la bestia son io, che trascuro il mio dovere, per non far penare la gente. Ma ora… basta, so quel che dico. Noi poveri ex primi ministri bombardatori di Belgrado siamo tra l’ancudine e il martello: voi impaziente; vi compatisco, povero giovane; e i superiori… basta, non si può dir tutto. E noi siam quelli che ne andiam di mezzo.
– Ma mi spieghi una volta cos’è quest’altra formalità che s’ha a fare, come dice; e sarà subito fatta.
– Sapete voi quanti siano gl’impedimenti dirimenti?
– Che vuol ch’io sappia d’impedimenti?
– Error, conditio, votum, cognatio, crimen, Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas, porcellum, suspicio, condicio, Si sis affinis,… – cominciava la Finocchiaro, seduta alla destra di D’Alema, contando sulla punta delle dita, e pareva Lotito.
– Si piglia gioco di me? – interruppe il giovine Renzi. – Che vuol ch’io faccia del suo latinorum?
– Dunque, se non sapete le cose, abbiate pazienza, e rimettetevi a chi le sa.
– Orsù!…
– Via, caro Renzi, non andate in collera, che son pronto a fare… tutto quello che dipende da me. Io, io vorrei vedervi contento; vi voglio bene io. Eh!… quando penso che stavate così bene; cosa vi mancava? V’è saltato il grillo di guidare i Democratici per rispondere a Grillo…
– Che discorsi son questi, signor mio? – proruppe Renzi, con un volto tra l’attonito e l’adirato.
– Dico per dire, abbiate pazienza, dico per dire. Vorrei vedervi contento.
– In somma…
– In somma, figliuol caro, io non ci ho colpa; la legge elettorale non l’ho fatta io.
– Ma via, mi dica una volta che impedimento è sopravvenuto?
– Abbiate pazienza, non son cose da potersi decifrare così su due de pedis.
– Le ho detto che non voglio latino. E che vorrebbe ch’io facessi?
– Che aveste pazienza per qualche legislatura. Figliuol caro, qualche legislatura non è poi l’eternità, tanto più se creiamo crisi di governo sempre più frequentemente, e lei in questo mi par potra far la sua parte: abbiate pazienza.
(continua) —
(c) Apolide Sedentario – Manzone Ramingo 2013
17 martedì Dic 2013
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inringrazio di cuore il pittore Roberto Matarazzo per aver dedicato un suo dipinto al mio libro Asfaltorosa L’Arcolaio per Ex Libris
23 lunedì Set 2013
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Stanza della Poesia – 21/09/2013
Claudio Pozzani
Poeta, scrittore e artista contemporaneo. Direttore artistico del Festival Internazionale di Poesia di Genova e della rassegna European Voices. Presidente Circolo dei Viaggiatori nel Tempo (Italia) e Poésir (Francia). Artista fondatore del progetto internazionale S-Volta celeste |
17 martedì Set 2013
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Dalla traduzione in esametri dell’Odissea di Daniele Ventre, in corso di pubblicazione per la casa ed. Mesogea
Omero
Odisseo e Laerte
(Odissea, XXIV, 219-348)
Come ebbe detto, l’eroe lasciò le armi d’Ares ai servi;
dentro la casa essi in fretta entrarono; Odisseo, frattanto,
s’avvicinava al fecondo frutteto, a provare suo padre.
E tuttavia, traversando il grande filare, non vide
Dolio, né i figli, né gli altri serventi, poiché tutti, allora,
a raccattare dei sassi, per farne un recinto al frutteto,
erano andati e i suoi uomini il vecchio guidava per via.
Solo suo padre egli vide, in quel ben tenuto frutteto,
presso una pianta zappava; vestiva un chitone sdrucito
e rattoppato, indecente, e intorno alle gambe allacciava
delle gambiere cucite in cuoio, a sottrarsi dai graffi,
contro le spine portava i guanti alle mani; e di sopra,
sulla sua testa, un berretto di capra, accrescendo la pena.
E non appena lo scorse, lo splendido Odisseo costante,
dalla vecchiaia disfatto, soffrire aspra angoscia nel cuore,
pianto stillò, si fermò all’ombra d’un pero in rigoglio.
Ed esitò, nel suo cuore, nell’animo, allora, dubbioso,
se ricoprire di baci il padre e abbracciarlo e narrargli
tutto, in che modo giungesse, tornasse alla terra dei padri,
o interrogarlo, da prima, e su tutto metterlo a prova.
Egli così dubitava, e gli parve fosse più saggio
metterlo prima alla prova, parlandogli argute parole.
Con quel proposito mosse lo splendido Odisseo a incontrarlo.
A capo chino zappava intorno alla pianta, Laerte;
dunque, accostandosi, a lui si rivolse il fulgido figlio:
“Vecchio, non mostri di certo imperizia nell’accudire
questo filare, ma è ben curato, e certo nessuna
pianta in giardino difetta di cure, né fico, né vite,
non un olivo, nemmeno un pero, neppure un’aiola.
Altro, però, ti dirò, ma non porti collera in cuore:
tu, per contrario, non sei ben curato, insieme vecchiaia
lugubre soffri e t’avvince squallore, ed hai misere vesti.
A trascurarti non è, per la tua pigrizia, un padrone,
né per aspetto e statura mi sembra ti segni, a vederti,
vita servile: somigli a un uomo di rango regale!
Già, tu somigli ad un uomo che appena lavato e nutrito,
dorma fra morbide coltri, com’è privilegio dei vecchi.
Questo, però, dimmi, adesso, e svelami in tutta chiarezza
di quale uomo sei servo? E per chi il filare accudisci?
E dammi poi veritiera risposta, a che io sappia bene,
se veramente noi siamo in Itaca, come mi disse,
mentre venivo quaggiù, un uomo che ho appena incontrato,
uno di cuore ben duro, ché non accettò di spiegarmi
tutto, e nemmeno di udire parola da me, quando chiesi,
quanto ad un ospite mio, se ancora sia al mondo, e sia vivo,
o se è perito, oramai, ed è nelle case dell’Ade.
Già, poiché questo ti dico, e adesso comprendimi, e ascolta:
là nella terra dei padri io diedi accoglienza ad un uomo,
al mio palazzo era giunto, e no, nessun altro mortale,
fra gli stranieri lontani, più caro mai in casa mi giunse;
e si vantava di stirpe itacese e ancora diceva
che fosse suo genitore il figlio d’Archesio, Laerte.
Io lo condussi alla mia dimora e un buon ospite fui,
con ogni cura l’accolsi, poiché c’era molto a palazzo,
quindi gli feci dei doni ospitali, come conviene.
Oro di buona fattura gli diedi per sette talenti,
tutto d’argento gli diedi un cratere, ornato di fiori,
dodici semplici manti, con essi altrettanti tappeti,
poi anche splendidi lini e ancora, altrettanti chitoni,
quindi, in aggiunta, anche donne d’un arte impeccabile esperte,
quattro, d’aspetto leggiadro, che scegliersi volle egli stesso”.
Gli rispondeva a sua volta il padre, che pianto stillava:
“Certo, straniero, hai raggiunta la terra di cui mi domandi,
ma la governano ormai degli uomini folli e superbi.
Vani, quei doni di cui fosti largo, dandone tanti;
se in terra d’Itaca vivo l’avessi potuto incontrare,
ben ricambiandoti i doni, t’avrebbe da sé congedato,
con accoglienza gentile: è giusto, per chi dona primo!
Questo, però, dimmi, adesso, e svelami in tutta chiarezza:
quanti son gli anni trascorsi dal tempo che tu l’accogliesti,
l’ospite tuo sventurato, mio figlio, se pure fu mai?
Misero: certo lontano dai cari, da terre di padri,
l’hanno mangiato nel mare i pesci, o magari sul lido,
preda divenne di belve e uccelli e non l’hanno composto
non l’hanno pianto la madre e il padre che l’han generato;
ricca di doni, la sposa, Penelope, ricca di senno,
no, non ha pianto lo sposo sul feretro, come conviene,
e non ha chiuso i suoi occhi: è questo l’onore dei morti!
E dammi poi veritiera risposta a che io sappia bene,
chi sei al mondo, e di dove. E dove hai città, genitori?
L’agile nave dov’è, sì, quella che te qui condusse,
e, pari a dèi, i tuoi compagni? O come mercante sei giunto
sopra una nave straniera, e andarono via, te sbarcando?”.
E gli diceva in risposta Odisseo ricco d’ingegno:
“Certo, ti risponderò con piena chiarezza su tutto.
Sin da Alibante provengo – ho là mie gloriose dimore –,
io, del sovrano Afidante, del Polipemonide, figlio;
il nome mio è invece Eperito; dalla Sicania
via mi respinse qui un dio, perché vi giungessi nolente:
dalla città sta lontana, dal lato dei campi, la nave.
Ma per Odisseo questo è oramai il quinto anno che volge,
dopo che via se n’andò, e dalla mia patria si mosse,
misero; eppure partì con lieti presagi d’uccelli,
tutti da destra, di cui io gioivo, nel congedarlo,
egli gioì, nel partire: e l’animo nostro sperava
di rinnovare accoglienza e scambiare doni stupendi!”.
Disse e piombò su Laerte una nera nube d’angoscia;
egli con ambe le mani afferrò la cenere bruna
se la gettò sulla fronte canuta, fra mille lamenti.
Ne fu sconvolto nell’animo, Odisseo, e per le narici
acre l’impulso del pianto salì, nel vedere suo padre.
E lo baciò, l’abbracciò, protesosi a lui, poi gli disse:
“Ah, sono io, sono io, padre mio, colui di cui chiedi,
io che la terra dei padri ho raggiunta dopo vent’anni!
Ora, su, frena il lamento e il tuo lacrimevole pianto.
Già, poiché questo ti dico, ed è tempo ormai d’affrettarci:
dentro la nostra dimora ho fatto sterminio dei Proci,
l’onta angosciosa ho così punita, e gli indegni misfatti!”.
Ed a sua volta rispose Laerte e spiegò la sua voce:
“Se sei Odisseo davvero, il figliolo mio che ritorna,
ora tu dammene un segno visibile, sì che ti creda”.
E gli diceva in risposta Odisseo ricco d’ingegno:
“Con i tuoi occhi da prima esamina la cicatrice
che sul Parnaso m’inferse un verro col candido dente,
quando vi andai: tu m’avevi inviato e la nobile madre,
là, dal mio nonno materno, Autolico, per ottenerne
doni, che giunto fra noi m’aveva promessi e accennati.
Ed anche gli alberi, via, qui nel ben tenuto frutteto,
ti elencherò, che m’hai dati un tempo, e di tutti io chiedevo,
giovane ancora, nell’orto seguendoti; noi fra le piante
camminavamo, tu ognuna indicavi a nome e svelavi.
Tredici peri tu m’hai donato ed in più dieci meli,
fichi, quaranta; e filari di vite ne avresti a me dati,
mi promettevi, cinquanta, e in tempi diversi da ognuno
si vendemmiava. Da quelli ogni specie d’uve nasceva
quando stagioni di Zeus li avevano resi maturi”.
Sì, così disse, ed a lui si sciolsero cuore e ginocchia:
ben riconobbe quei segni sicuri che Odisseo svelava.
E circondò con le braccia suo figlio; ed allora lo resse
ch’era oramai senza fiato, lo splendido Odisseo costante.
( in appendice a ” E quel poco d’amore che c’è”, di Emanuele Bianco, Fandango Libri, 2013)
Daniele Ventre (n. a Napoli nel 1974) ha pubblicato per l’ed. Mesogea la traduzione dell’Iliade di Omero (2010 -premio Achille Marazza 2011) e del Ciclope di Euripide (2013). Di prossima pubblicazione una sua traduzione dell’Odissea. Nel 2011 ha pubblicato per le Edizioni d’If di Napoli la raccolta “E fragile è lo stallo in riva al tempo”. Collabora con il blog Nazione Indiana.
07 venerdì Giu 2013
Posted arte, canto senza voce, claudia ruggeri, francesco forlani, nazione indiana, poesia, scritture
inqui: http://www.nazioneindiana.com/2013/06/07/i-poeti-appartati-claudia-ruggeri/
Mio carissimo Francesco,
ti sono stretta con gioia “dolente” al sentito scritto su Claudia, la “Perla irregolare”, la “Barocca creatura” del tanto intricato, oscuro, tortuoso “Inferno Minore”, che nel nuovo libro di inediti “Canto senza voce”, che presenteremo con Elio Scarcilia e Maria Teresa Del Zingaro Ruggeri a Genova, il 12 luglio, possiamo indagare in quello che è il tempo dell’alba della sua poesia, nella genesi dell’idioma poetico della poetessa dal linguaggio totale che la renderà unica ed in posizione di assoluta singolarità e solitudine di voce nel panorama contemporaneo. Un’alba che, come la stessa Claudia scrive nel suo “Canto senza voce” nella poesia intitolata “VITA”, è comunque negata all’uomo ed alla sua esistenza:
“Non ha alba la vita
né tramonto.
Essa è un tramonto
all’alba
e invano tendi
supplice la mano
al lampo che ti acceca
nel breve istante
in cui ti dà le stelle.
Così gramo di tempo,
in un eterno
di te deserto,
vedi scolorire
allo spuntare dell’alba
il tuo tramonto.”
Ecco l’ombra che sempre Claudia si porta addosso: nei sui primi versi; nei canti di “Inferno minore”, dove l’autrice arriva a profetizzare la propria fine ( “e volli/il “folle volo” cieca sicura tuta/volli la fine delle streghe volli/il chiarore di chi ha gettato gli arnesi/di memoria di chi sfilò il suo manto/poggiò per sempre il libro (…).”); nelle lettere, come quella a Fortini, di cui tu indaghi, e di cui ti sono infinitamente riconoscente per il solenne spessore della gravità ed insieme meravigliosa-indicibile bellezza del video di Carmelo Bene, da te qui riportato, che sposa con enfasi suprema e solidarietà, sostegno, unione di spirito, l’atto del “Poeta suicida”, che solo nel gesto estremo trova via di scampo all’”Amaro Carnevale” della vita. Il Barocco di Claudia è appunto l’anticamera della modernità, dove ci si traveste per una recita vana, ma ormai inevitabile, nella quale ci si trova a condurre la propria esistenza, di impostura in impostura, come Claudia scrive in “congedo”:
“Le fer des mots de guerre se dissipe dans l’hereuse matièere sans retour.”
così dal colmo, ormai, nuoce
il dimandar parenzé, come
il Distrarsi. Lasciatemi
a questa strana circostanza. Qui
so, con il mio amore, e con chiunque
vi arrivi, che a questo inferno minore, tutto è minore; medesimo
è solo il Carnevale. Ahi l’impostura
seguente che riduce che quagiuso nemena.
“Canto senza voce” si apre con la prosa inedita “Elogio della follia”, dove Claudia riconduce il termine “artista” al vocabolo “anemo”, “senza nessuno”, “vuoto”.«L’uomo è vuoto sempre, quindi anche l’ispirazione è vuoto e lo sarà anche la creazione (…) Cos’è l’artista? Vuoto. Cos’è la creazione. Niente. (…)»
L’abbaglio è quindi aggiungere al presente altro falso pieno e l’irreversibile impossibilità di creare. L’artista vive allora sospeso nel vuoto, così come il vuoto è l’essenza materica e spirituale, la matrice, la materia prima di cui sono fatte ispirazione e creazione.
Claudia sembra aver compiuto l’ultimo gesto della sua vita per ricongiungersi al quel Vuoto che per lei Tutto era irrimediabilmente Origine, rifondendosi con esso, nella sua personale consapevolezza di totale impotenza e nella convinzione che proprio il Vuoto è ciò che permette a chi ha iniziato di continuare a creare…
Francesca Canobbio
02 domenica Giu 2013
Posted appunti poetici, arte, composition, foto, francesca canobbio, immagini, poesia, versi, versi poetici
inune hundred days after the childhood
(1974)
Si fa una commistione molto forte
del cielo e della terra
come quando fuori piove
come il mondo sulle carte.
Che sia verbo mappamondo
in continua espansione
universo all’infinito
per massa
fine
per unità.
Dio
sono Io
nell’Aldilà.
dedicato a Giampaolo De Pietro
01 sabato Giu 2013
DUEL TO DEATH [1898]
Drury Lane Theatre ‘Women and Wine’
Edith Blanche and Beatrice Homer.
23 giovedì Mag 2013
Posted arte, borgo bassi, festa di erli, letture, musica, poesia
inTag
il 24 – 25 – 26 maggio 2013 al villaggio freak di Borgo Bassi (SV) torna la festa di Primavera all’insegna del RICOMINCIARE insieme, con un nuovo forno, in una nuova terra, una nuova festa!
Reading poetico del 25 maggio, ore 16 trattabili, con Dama CHIARA DAINO il collettivo INCONTROVERSO, MIRKO SERVETTI, FRANCESCO VICO, PAOLO VIGNOLA, CLARA VAJTHO’, CARLO MOLINARO, CESARE ODDERA, FRANCESCA CANOBBIO, ANDREA BURLANDO, MARINO RAMINGO GIUSTI e molti altri ancora. Il nostro palco è libero per tradizione e anarchico per vocazione, per cui tutti coloro che vogliono proporci qualcosa saranno più che benvenuti.
Le edizioni 2011 e 2012
Erli 2012: la lettura di poesie from Carlo Molinaro on Vimeo.
26 venerdì Apr 2013
Tag
arte, claudia ruggeri, elio scarciglia francesca canobbio, eventi, poesia, reading, rosa dei venti
ATTENZIONE : L’EVENTO E’ STATO RINVIATO PER PROBLEMI TECNICI A DATA DA DESTINARSI
Proiezione del documentario su Claudia Ruggeri a cura di Elio Scarciclia, mia lettura di brani, il giorno venerdì 12 luglio, ore 17,30, all’Expo’ di Genova, Rosa dei venti, in occasione dell’uscita del nuovo libro di inediti “Canto senza voce” della poetessa Claudia Ruggeri ” ed. Terra d’ulivi , raccolta curata da Esther Basile e Angela Schiavone. Il volume si può prenotare al seguente indirizzo elioscarciglia@libero.it. In omaggio l’accluso documentario “Claudia Ruggeri” di Elio Scarciglia. Saranno presenti all’incontro Elio Scarcilia, Maria Teresa del Zingaro Ruggeri, Angela Schiavone. Nei prossimi giorni nuove informazioni su http://www.elioscarciglia.it/edizioni%20terra%20d’ulivi.htm e su questo blog
01 venerdì Feb 2013
Posted arte, comunicazione di servizio, eventi, letture, poesia, reading, Senza Categoria
inTag
comunicazione di servizio, eventi, francesca canobbio, palazzo ducale, poesia, reading, stanza della poesia
Presso la Stanza della Poesia di Palazzo Ducale in Genova,
sabato 2 febbraio 2013,
ore 17,30 – 19
POESIE IN SALDO – 2
girandola poetica con Roberto MARZANO, Francesca CANOBBIO, Laura PAITA, Massimo “Pigiamino” GAVIGLIO, Ezio SPATARO, Maria DILUCIA, Alejandro LOPEZ LUNA, Fabrizio CASAPIETRA e … Laura CAMPAGNOLI che dipingerà in diretta la “Tela Vivente” Mariapia ALTAMORE
30 mercoledì Gen 2013
Posted alfabeto, arte, bob quadrelli, composition, foto, francesca canobbio, musica, poesia, scritture, versi, versi poetici
inTag
La “F” per Fra da “L’Alfabeto delle Metapoesie” di Dottor Q.
Femme fatal fiera femmina di finissime filigrane Fiamminghe Forme forgiate a freddo da Folli Folletti Finlandesi ..Fosti forse fatta dal Fuoco di fusione della fucina di Faustus ? fochi fatui e faville filanti di festa fino a Finisterre fiati fanfare falò di Fulgido febbrile Furore forme di fianchi floridi e finalmente felici fondersi in formidabile forza di fissione fottimi il fallo e fammi furibonde fellatio fammi fiorire fiamma su funambolici fili su fogli Fabriano Fiori facondi falce di fabbro formule di Fatture in falsetto fallaci Fallocrati froci e foto di Fantasmi al Fluoro fiuta i funghi del Fushijama feeling Felino di Feticcio Felliniano tra Felci ferali fiabe favoleggianti fave di Favara facchini di facili facezie facciali farfalle faraoniche farfugliano false fobie di famigerata Fama finti Fantocci funabolici fasi di Fashion di Fascisti falliti fascine e faldoni di Fascicoli fasto Fasullo e fastidioso Fantascienza del Fatidico fax di Favori faziosi e febbricitanti Fauni in ferie nel Feretro con foglie di Fico e feroce Feromone ferace fingersi Fissile Filarmonica Fistola di Fissa Filosofica filtrata dal Fossile di un Flirt tra Furetto e Foca furente Fiction di Format nel Frutteto fluidi Fiumi di Fruttosio frenetiche frequenze Fantasmagoriche Frasi di Feccia e Frecce di Frassino fauci di Fortezza Formidabili fulgori su Flussi di Flutti Flop fragranti di fiati di Fanoni flautati frange di Flashback di Falangi faide facoltative o facsimile di factotum facoltosi faciloni Fegato con Fagioli e Finocchi al Forno Faglia di Falesia e Falene fanatiche di Fandonie Fangose fuliggine federalista un Forfait di faretra nel Fienile Filiera di Ferite in Fibrillazione Filologia Fenicia e Fenicotteri di Frisia Fonografi frullati e Frode in Fricassea Fritto di Frottole frivole e Frittate di Fagiano nel Freezer Fonte del Fragile e Fisco per le Fragole in Fregola…hai finito ? Forse ….
Mantra Elettrico (per Francesca)
*Bob Quadrelli è il leader dei Sesasciou, Premio Tenco ’97.
Mio Immenso Amico e Maestro.
02 venerdì Nov 2012
Sabato 10 novembre 2012
ore 17.30 – 19.15
“POESIE IN SALDO”
Girandola poetica con Maria Pia ALTAMORE, Francesca CANOBBIO, Fabrizio CASAPIETRA, Maria DILUCIA, Massimo “Pigiamino” GAVIGLIO, Roberto MARZANO, Laura PAITA, Gianni PRIANO, Ezio SPATARO, Lucia VACCAREZZA e Laura CAMPAGNOLI (che dipingerà in diretta durante la performance).
03 martedì Apr 2012
Posted arte, giacomo cerrai, imperfetta ellisse, massimo pastore, poesia, scritture, versi, versi poetici
inlink all’articolo originale:
http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/586-Massimo-Pastore-Cabine-a-gettoni-e-altre-poesie.html
Massimo Pastore è uno che aveva pensato di smettere di scrivere, cosa che depone a suo favore, a volte bisogna averceli certi dubbi, e invece molti altri che quella incertezza dovrebbero avercela proprio non ce l’hanno. Ma quella di Massimo non era un’autocritica, e poi comunque per fortuna ci ha ripensato. No, voleva smettere perchè per lui la poesia è dolore. Dolore sia espresso in versi, sia sofferto a scrivere. Ma come sappiamo, di “dolore” ne son piene le fosse (poetiche). Poi bisogna vedere quale, se ha dignità poetica.
Massimo è poeta figurativo e cantastorie (v. QUI) come tanti musicisti della sua terra ligure. Ma anche un romantico depurato da romanticismi, uno che piace alle donne, un acido che a qualcuno può dare imbarazzo. Non ha eccessivi pudori, e un poeta non dovrebbe infatti averne. Certo a volte indulge, un pò posa, fa il maledetto. Ma a suo credito va detto che non parla, come altri, per sentito dire e se questo non bastasse è uno che osa, nel linguaggio, nell’invenzione metaforica.
Mi ha mandato un po’ di poesie. Gli ho risposto dopo qualche tempo: “Caro Massimo, eccomi qua…purtroppo ho avuto poco tempo ultimamente. Ho letto le tue poesie. Potrei dire in una battuta: da Bukowski a un Ginsberg eterosessuale, ottime per essere lette in pubblico, attorializzate col corpo, sputate addosso alla gente. E’ questa la tua cifra, insieme a una ferocia o rabbia di fondo che a volte non controlli (e forse è giusto così). L’amore è una materia difficile, in poesia come nella vita (se esiste una differenza tra le due cose). Anche feroce, appunto, specie se è quasi soltanto scontro di carni, di quella maniera infantile di conoscere che è il tatto e la ferita. Alcune poesie sono molto buone, altre meno (ma solo perchè, mentre tutto fila liscio, ogni tanto d’improvviso ci infili qualcosa come per dispetto o per posa), altre no. Altre coinvolgenti, quando (es. Rame o Confesso) ti ricordi di avere un cuore lirico da qualche parte. Ma, a parte tutto, da tutto questo magma emerge un bella stoffa. Se riesci a mettere d’accordo potenza e controllo (come in quella pubblicità di pneumatici) sei a posto!”
Poesie di amore e morte, intesi non tanto come polarità topiche consunte quanto come luoghi narrativi dove il dolore si palesa e mostra la sua maschera. Amori che non durano, un pò esibiti e hors de scène, carnali e di una sottesa violenza sempre borderline; la morte del padre, sempre presente anche quando non espressamente citata, elaborata in particolare in un intenso testo in prosa che qui non ho voluto pubblicare, una autentica elegia rap. E anche squarci urbani o interni giorno in cui si vive velocemente e senza meta e velocemente si scrive come se fossero graffiti, una lingua con i suoi codici, la sua anarchia, le sue distorsioni. Poesia che può piacere o non piacere, senza vie di mezzo. Ma che non passa inosservata.
(Giacomo Cerrai)
CABINE A GETTONI
Drammi suicidari in cortili d’amore spia
a insudiciare con mani e cazzi e getti telescopici
il severo divieto di giocare alla palla
quando avevamo quindici anni
quando andava di moda arrotolarsi la giacca sui fianchi
o piombare giù da tombini bocche del cielo
gridando –mio dio mio dio perchè mi hai lasciato–
mentre padri parenti e amici facevano la coda
per prenotare lobotomie e grazie e metadone
annuendo come cavalli sedati cavalcati da sporche porzioni di mondo
cavalli di pietra sodomizzati da fibre di cotone e filigrana
oh, i tuoi ragazzi tremano negli androni “scatafasciati”
traballando come cineprese spastiche
cascando dal sonno
fumando sigarette bagnate
singhiozzando negli eserciti
deglutendo strade nere
nello strano meccanismo della notte…
nei giorni infernali la sotto
tra fontane di immaginazione
crescevamo pasciuti e maledetti
come alberi di pere furiose
maneggiando armi cosmiche
in cortili d’amore spia
insudiciando con mani e cazzi e getti telescopici
lo stupido che al primo piano ci voleva bucare il pallone
e ti dico tutto questo mentre giro a piedi nudi il mondo
cercando una cabina a gettoni per dirti frettolosamente:
non temere per me
ho già passato il mese
senza morire di fame…
non sono mai stato pazzo come adesso tagliami l’orecchio ed inchiodalo sulle tue parti intime
lo chiameremo il dio straniero e avremo colori su tutto il letto per i nostri misfatti e dipinti
d’amore carnale
nell’attimo in cui
si accenderanno farfalle
e bruceranno
i vermi squamosi
dei coiti
interrotti
in paradisi
vaginali
e nuvole di sperma interrotto
a fiotti
d’amore
profondo
sacro
l’ugello
sacra
la sacca
santo
il ventre che costruisce ventre
amen
CONFESSO
Confesso di cercare un passaggio segreto tra le tue gambe bianche
o di falsificare passaporti
o forse di farmi crescere le ali rantolando nel buio…
mi suggerisci di manifestare nuove tolleranze
di cercare nuovi fiori
di studiare profondamente i parassiti del paradiso
di descrivere l’intero frutteto
poiché ogni albero custodisce storie di amore…
tra le pieghe dei monti ulula il lupo affamato,
la tua bellezza è solo l’infinito in soffitta
e non è da così lontano come tu credevi
che verrò a dirti addio…
CRITTOGRAFIA
Crocifisso con due ali di farfalla,
ammaestrato alla non curanza, allo sgretolamento della dialettica positiva,
alla battaglia che due corpi scaricano sul cosmo,
un uomo può e deve morire tre volte l’anno…
portami dunque l’unghia rotonda delle tue storie da ragazzina
ho per te una sorpresa che potrebbe togliere la polvere dalle tue pupille cristallizzate:
una scrittura segreta ed il motivo per cui non devo e non posso chiarire…
questo è un luogo di silenzio, di lunghi stratosferici silenzi, di piedi più che di mani,
di torti più che di abbracci, di lunghi interminabili giustificati silenzi
dal momento che per te ho inventato dapprima l’elettricità e poi il rame…
LE MATTINE IN CUI SPARGEVI MIMOSE SUL PAVIMENTO
Le lunghe sere in cui mi svuotavi
con i tuoi esperimenti acrobatici
e le mattine in cui spargevi mimose sul pavimento
per non ferire i miei piedi
le prove d’amore a cui ti ho sottoposto
lasciandoti lacrimare su lunghi autobus tristi
le poesie su tutti gli altri rapporti orali
che non hai mai voluto bruciare
i segni di stupidità che ti ho lasciato
sul tuo piccolo seno
e l’amore per tutte le altre cose
che non sapevo di avere
e forse non ho.
RAME
Il sordo fragore
di baci
impressi
da qualche parte
lontano
la ricerca
delirante
di nidi abissali
delle comete
celesti
la pelle
dei tuoi polsi
sonori
la tua età
che non può essere
inquinata
ne consumata
gli epigrammi
sulla tua bellezza
e le suggestioni ipnotiche
delle vocali a ed o
che pronunci
nell’amore carnale…
tutto questo mentre cambio le mie labbra ad ogni passaggio di stagione
per mantenermi morbido e pulito e strofino i marciapiedi che dovrai percorrere
custodendo i tuoi segreti in elenchi puntati inaccessibili numerando le volte che abbiamo
fatto l’amore per distinguere giugno da marzo facendo colare il rame dal mio cuore
glorificando l’antichità dell’amore in un amore solo.
VINCENT
Sono nato da un’altra parte , dove il tufo
diventa terra da seminare e l’eruzione
un volto…
mi piacerebbe che tu mi chiamassi Vincent
anche se il talento, il mio talento, non è altro che compresse sterilili
in tessuto non tessuto…
ti lascio l’inverno dei miei occhi aprendomi
mentre reclini il capo, che è nuvoloso ,
come una micina gelosa delle vecchie poesie anche se sono poesie di addio
o al meglio carta da zucchero abbandonata nelle tasche di un pianeta lontano
mentre Theodorus scaccia le pulci dai vecchi amori
lavando le tele con detergenti intimi
e tu mi stupisci ogni volta che amo…
ed è chiaro, Chiara, che sono bello, anzi bellissimo….
DANZA E MIMICA
Chiudo tra le mie labbra la tua lingua
faccio a pezzi le vesti dei frati
raccolgo conchiglie tra i sassolini delle tombe
adesco ragazzini per comprarmi sigarette
curo la vista con perle di fiume
annuso l’aria dai crateri della luna
distribuisco pallottole ai passeri ed al beccaccino
includo i tuoi baci tra le memorie dei santi
abbandono una strada per rincorrere un filo d’aria
e ti stringo le spalle
come petali sulla gola delle rose.
NON AVERE PAURA DI VIZIARMI SE TAGLI LE MIE VENE
ed ora ricordo di non avere amato abbastanza e di aver fatto la guerra con i grilli, le cicale e con le piccole cose…
su, non aver paura di viziarmi se tagli le mie vene, se hai ascoltato le mie grida…
il dolore te l’ho reso. Sono cambiato. Non ti ho mai amato.
Le madri attente mettono in guardia le loro figliuole dal mio catalogo di sconfitte.
Un book fotografico sul quale masturbarsi a morte!
E questi alberi timidi come spettri mi ricordano che la primavera tarda ad arrivare…
POST SCRIPTUM
Quando comincio a parlare della mia anima mi pare che tu sorrida
e mi chiedi se ho abbastanza coperta o se ho lasciato le scarpe giù dal letto
o se ho acceso la sigaretta o la tv oppure se ho scritto a mia madre di non piangere più
per il cadavere di mio padre
e invece io vorrei parlarti della mia anima o che tu mi parlassi della tua anima
o comunque vorrei parlare di una qualsiasi anima purchè sia un’anima
e non un panorama di vomito….
mah! Devo essere pazzo a stare qui nel vuoto a costruire pensieri d’amore
quando forse sarebbe meglio scrivere una poesia a nessuno e dire:
questo è il coraggio necessario!
SEI LIBERA
L’eutanasia di massa è il sogno di una pecora…
ti telefono, dopo anni. Blocco la cornetta dal convenevole
-come stai?-
Ti dico di come focalizziamo i nostri poteri nell’attesa e nella gestione dell’odio.
Ti parlo dell’imminente morte della mia casa.
Dei mesi che separano mio padre dal nostro abbandono.
Della enorme utilità della morte.
Degli oggetti che non ho mai osservato e che credo osserverò per lungo tempo.
Ti parlo di un amore poco corrisposto perché i nostri poteri sono scemati nell’odio.
Tu mi saluti con un ciao ed un – coraggio. Io ti dico,
sei libera…
VILLON
Villon impiccato su un ramo
il segreto dell’autunno che mi colpisce
come una foglia che tarda a cadere
tutti i versi del mondo sul collo della vita
ed io, da parte mia, che non riesco a baciarti le labbra
senza muovere la lingua…
nella foto: Massimo Pastore, PALERMO – GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA 2010
un video di una lettura di Pastore in quella occasione QUI
23 venerdì Mar 2012
Posted arte, celan, la dimora del tempo sospeso, poesia, Senza Categoria
inIl tanto atteso ritorno del grande Poeta, Maestro e Guida Francesco Marotta e della sua “Dimora del tempo sospeso” ( http://rebstein.wordpress.com ), di certo lo spazio del virtuale che meglio sa rappresentare la Poesia, dando ai suoi versi la generosità del “versarsi” nel mare delle voci, nelle onde sonore dei canti….. che proprio grazie alla sapienza di fm ed al pubblico affezzionato della Dimora è porto sicuro d’ oceano per i “naviganti”. Qui, Marotta, ci offre una sua traduzione di Celan.
Sprich auch du,
sprich als letzter,
sag deinen Spruch.
Sprich –
Doch scheide das Nein nicht vom Ja.
Gib deinem Spruch auch den Sinn:
gib ihm den Schatten.
Gib ihm Schatten genug,
gib ihm so viel,
als du um dich verteilt weißt zwischen
Mittnacht und Mittag und Mittnacht.
Blicke umher:
sieh, wie’s lebendig wird rings –
Beim Tode! Lebendig!
Wahr spricht, wer Schatten spricht.
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16 venerdì Mar 2012
Tag
claudia ruggeri, eventi, francesca canobbio, genovainedita, inferno minore, letture, poesia, reading, scritture, versi, versi poetici, videopoesia
(Letture a cura della sottoscritta)
-qui la versione integrale del video della serata-
16 venerdì Mar 2012
Posted arte, claudia ruggeri, inferno minore genova inedita cultura, poesia, reading
indal sito di Genovainedita : http://www.genovaineditacultura.com/1/un_dono_inedito_di_claudia_ruggeri_6796425.html
Un dono inedito dalla madre della poetessa Claudia Ruggeri, Maria Teresa del Zingaro, per Genovainedita Cultura.
Ieri, mercoledì 14 marzo, la Stanza della Poesia era colma di amanti della Poesia che hanno ascoltato una “nuova” voce della lirica contemporanea: Claudia Ruggeri, la poetessa salentina morta suicida a soli 29 anni. Sua madre ci ha donato un inedito, che potete leggere. Voglio donare un “grazie” sincero a tutti coloro (tanti) che sono intervenuti all’evento “L’Inferno di Claudia Ruggeri”, a Francesca Canobbio per la partecipazione attenta e passionale, a Claudio Pozzani. E vorrei lasciare un messaggio: la Poesia è una ricerca continua e un continuo confronto con l’esistenza. I poeti dovrebbero conoscere altri poeti e non rinchiudersi in ambienti autoreferenziali in cui viene puntualmente negato il confronto letterario. Senza confronto non si cresce e la poesia sarà così condannata ad un solipsismo che non dà, non può dare, alcuna emozione.
[elaborazione fotografica del volto di Claudia Ruggeri a cura della madre Maria Teresa Del Zingaro, dal titolo “Ispirazione Viola”]
Benedetti l’Inferno
e il Paradiso
Benedetti la Gloria
ed il Tormento
Benedetto l’Eterno
purché sia!
Ma tu non lo saprai,
fin quando un verme
non roderà la tua carcassa
dentro,
ma proprio dentro,
fino al fondo.
Forse
non troverà
che una conchiglia
vuota.
– Claudia Ruggeri a 17 anni-
10 sabato Mar 2012
–Claudia Ruggeri nacque a Napoli nel 1967 da madre napoletana e da padre leccese.
Nel 1968, si trasferì, con la famiglia, a Lecce dove visse fino alla fine. Frequentò il Liceo Scientifico approfondendo in contemporanea lo studio della lingua inglese. In seguito si iscrisse, simultaneamente, alla facoltà di lettere moderne ed a quella di teologia. Malgrado avesse sempre ottenuto risultati brillanti, non riuscì a laurearsi perché i problemi psichici l’aggredirono sopraffacendola.
Dedicava buona parte del suo tempo libero alla lettura attraverso la quale acquisì una notevole cultura.La sua formazione culturale risultò ampiamente arricchita dai numerosi viaggi effettuati sin dall’infanzia. Particolarmente significativi per lei furono il lungo, avvincente, periplo della Turchia che la pose in contatto con il fascino di antiche civiltà nostre antenate. In seguito partecipò ad un tour, attuato prima della caduta del muro di Berlino, nei paesi dell’est europeo (Polonia, Ungheria, Russia) durante il quale potette constatare, de visu, parte di alcune realtà contemporanee allora pressoché sconosciute alla maggior parte dell’occidente. Un’altra esperienza significativa fu quella che le procurò un viaggio in India e nello Sri Lanka.Dall’età di circa 18 anni fece parte del “Laboratorio di poesia” creato nel 1985 e diretto da un docente dell’Università di Lecce, il Prof. Arrigo Colombo, filosofo scrittore e poeta il quale, con la collaborazione di un altro intellettuale, il Prof. Walter Vergallo, riuscì a dare un forte impulso al fermento culturale salentino. Nacque la rivista “L’incantiere” e prese il via il festival “Salentopoesia”. Si trattava dei primi reading pugliesi dove i migliori autori italiani si cimentavano, per intere serate, nella lettura di poesie. Vi partecipò anche Claudia incantando la platea non solo per la sua straordinaria bellezza, ma anche per il fascino delle sue performance.
Nel “Laboratorio di poesia” convergevano i maggiori poeti salentini e Claudia fu considerata come la più dotata, forte e fortemente creativa nel discorso lirico, straordinaria ed incomparabile nella recitazione; personalissima sempre.
Con la sua poetica ardua e singolare, Claudia si impose per la vitalità espressiva e per l’uso quasi spregiudicato della lingua, tanto che Franco Fortini, pur riconoscendo in lei le stimmate dell’artista, le rimproverò la foga letteraria in termini di “impunità” della parola.
Fu in quegli anni che fece conoscenza, e sovente strinse relazioni di amicizia, con numerosi personaggi del mondo letterario ed artistico; dal già citato Franco Fortini (a cui fu legata da un insolito vincolo di stima ed affetto), a Dario Bellezza; e poi, Adolfo Oxilia, Giampiero Neri, Enzo Di Mauro, Antonio Verri, Bruno Brancher, Michelangelo Zizzi, M. Luisa Spaziani ed altri.
La sua morte fisica segnò la sua “cancellazione” dalla mente e dal cuore di quei tanti che le si erano proclamati amici ed estimatori. Tranne un numero della rivista “L’incantiere” interamente dedicato a testi suoi ed a saggi critici sulla sua poetica, pubblicato dopo la sua morte e in concomitanza di una serata commemorativa organizzata presso l’Università di Lecce, più nulla accadde.
Otto anni dopo la sua scomparsa lo scrittore Mario Desiati, caporedattore di “Nuovi argomenti”, rivista letteraria edita dalla Mondadori, le dedicò un’ampia sezione nel n° 28 (ottobre-dicembre 2004) pubblicandone una significativa selezione di versi, testimonianze e ritratti fotografici.
E fu lo stesso Mario Desiati che in seguito, per conto della casa editrice peQuod, nel 2006 ha curato anche la stampa del volume “Inferno minore” che contiene, altresì, “Le pagine del travaso” ed un cospicuo numero di altri componimenti.
Nel 2007 “Terra d’ulivi” di Lecce edita “Oppure mi sarei fatta altissima” saggio sulla poetica di Claudia Ruggeri di Alessandro Canzian, che ha dedicato altri scritti alla poetessa mostrando una notevole perspicacia ed una grande sensibilità nell’interpretazione di testi di non facile approccio.
In dicembre 2007 viene bandito dalla stessa Associazione culturale “Terra d’ulivi” di Lecce un premio letterario “Claudia Ruggeri” da assegnare a giovani autori.
Buona parte dei manoscritti della poetessa si trova a Firenze, presso il “Gabinetto G.P. Vieusseux”, dietro richiesta del suo Direttore Prof. Giovanni Gozzini.( http://www.claudiaruggeri.it )
CLAUDIA RUGGERI – Da Inferno Minore
il Matto I (del buco in figura)
Beatrice
“vidi la donna che pria m’appario
velata sotto l’angelica festa…” (Pg. XXX-64)
come se avesse un male a disperdersi
a volte torna, a tratti
ridiscende a mostra, dalla caverna risorge
dal settentrion, e scaccia
per la capienza d’ogni nome (e più distratto
ché sempre più semplice si segna ai teatri,
che tace per rima certe parole….).
Ma è soprattutto a vetta, quando buca,
dove mette la tenda e la veglia
tra noi e l’accusa, se ci rende la rosa
quando ormai tutto è diverso che fu
il naso amato l’intenzione, che era
la pazienza delle stazioni e la rivolta… e la beccaccia
sta e sta sforma il destino desta l’attacco l’ingresso disserta
la Donna che entra e fa divino ed una luce forsennata
e nuda, e la mente s’ammuta ne la cima
e la distanza è sette volte semplice e il diavolo
dell’apertura; ecco, chiediti, come il pensiero sia colpa
ma cammina cammina il Matto sceglie voce
sa voce, e sempre più semplice chiama, dove l’immagine
si plachi sul tappeto, se dura, se pure trattiene
stranieri nuovi e quanto altro
s’inoltrerà nella carta fughe falaschi lussi
Ordine innanzi tutto o la necessaria Evidenza che si di
verte nella memoria al margine ambulante alla soglia
acrobata, che si consuma; ché infine
veramente il Carro
avanza, che sia sponda manca porge
il volto antico, che si commette (non la cosa
è mutata ma il suo chiarore; ma a voi che vale,
come si conclude la Figura
dove pare e non usa parole né gesti né impulsi;
come, smisurata, passa, dove l’altro richiamo
nel viluppo della palude festina; e come
per tutto si slarga e frastorna e nulla è mite
(ma voi li turereste mai li nostri fori ?)
*Danilo Dellepiane è nato a Genova, si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino, con il massimo dei voti.
Ha frequentato corsi di perfezionamento tenuti dal M° Boris Petrushansky presso l’ Accademia Ducale di Genova.
Interessato a tutti i generi musicali, sviluppa un’intensa attività concertistica (solistica e cameristica) e didattica in veste di pianista, organista, clavicembalista e sassofonista.
É inserito in moltissime formazioni di musica da camera, collabora con gruppi corali, orchestre sinfoniche, ensemble barocchi e big band.
É vincitore di diversi concorsi musicali tra cui ultimamente “Asti 2011” (primo premio assoluto di musica da camera).
Da anni svolge attività come pianista accompagnatore presso i conservatori, nei concorsi musicali e alla messa in scena di diverse opere liriche.
Ha tenuto concerti per varie Società concertistiche e Festivals in Italia, Germania, Inghilterra, Austria, Svizzera, USA e Francia.
Nel corso della lettura poetica suonerà brani dal barocco al contemporaneo, jazz e libere improvisazioni, utilizzando gli strumenti della testiera e del sassofono.
11 sabato Feb 2012
Posted arte, capitalismo rivista, composition, poesia, prosa poetica, scritture, versi, versi poetici
in
Ho cambiato il colore dei miei occhi su una pagina di legno che frutta marciapiedi per i sorrisi mai recapitati alla posta del mio cuore a trampoli. Sono caduta al primo sbattere di ciglia, ma adesso tutto è celeste, mia pupilla. Domani ti regalerò anche qualche nuvola per coprirti come un occhiale, e sarai perfetta al microscopio, come il virus del singhiozzo che mi ha ucciso.
Il cobalto è soltanto l’inizio. Mi eserciterò su ogni capriccio di sfumatura possibile, sino alla fine del nero che inchioda una luna come un pulsante premuto per sbaglio in un quarto argento secondo su un podio di cielo che suona l’inno apolide con mano sul cuore del donatore e l’organo pizzicherà sui tasti una marcia funebre in ricordo delle sue canne
Giratevi pure di schiena senza scatto alla risposta della mia domanda quando vi si dice nel foglio che si approssimano incertezze, come l’esempio che azzarda i ricordi, sempre, su coste divise da mari antartici e non si viene per trovare che un ago in un pagliaio, senza filo per ricamo, ma sfilato dal braccio di un malato che ha trovato la sua cura, il suo ricovero
Spingere tutto. Come una carrellata sui volti scomposti dei neonati affamati di fiati dopo la chiusa. Urlano l’aria e tacciono terra che non conoscono, sul braccio che si tatua a cifre di carcere, tacche alle sbarre del tribunale di una vita senza giudizio e la pena scolpita a sangue nei geni, fino a che scompaiono in una x di giorni i ricordi primi o in un punto senza ricordo di secondi o restano ignoti, terzi
Ti raccoglierò i suoli per sola salita fra le pietre ad ago di scalzo piede, in questo passo arreso che compio con il legno fra le mani, ad entrata libera nella sagra delle nostre età, così diverse sugli scampoli di stoffa, così uguali sulla carta d’identità, così differenti per un pelo, mio amico cane accanto, a cui sorride la coda
La mia cartolina è tutta un cielo di cicogne che portano vita. Colori da spazi en plen air come i pittori e i loro tubetti lasciati a seccare sui davanzali delle giostre panoramiche delle mie finestre che danno sul vuoto della ragione a favore di un volume altissimo della mia voce, che sento, qui, con le oche, e con lo stupido tono con il quale ti dico ti amo. Affrancata.
Lui è un trompe l’oeil, che vedo solo io e che esce dal foglio con la mano aperta a portarti il saluto delle parole turchine. Volano in cielo le sue donne, come le anime degli insetti morti nei cimiteri dei bambini e gli uomini si fanno piccoli come le case delle lumache. E il mare copre ogni sua ultima lettera nello spazio fra me e un suo punto, come un’ onda che bacia ogni altra onda
Ti mostrerò l’esorcista di fiori che è in me, sciogliondo la paralisi di petali e foglie. Un trucco senza inganno, quello di sfogliare tutto come fanno le stagioni, il libro del tempo non risolto, viaggio che non ha assoluzione e chiama allo stadio, in una partita persa in partenza e con un rigore perfetto, d’arrivo con ghirlanda, che rimanda a casa senza punto. Di ritorno
Aveva una voce di carta con un suono d’inchiostro, che conteneva tutti gli endecasillabi sibilanti del canto delle sirene incantatrici e prendeva le curve sul foglio come la s di un cavalluccio di mare. Non poneva barriere coralline con il suoi punti d’interpunzione, ma già sapeva che fra lui e un paesaggio marino c’era un abisso, perché il cielo è più grande. E lui ,ora, è lì
Vorrei rincorrere il tuo sorriso amletico per i marciapiedi di tutto il paese, fino a piangere per i miei piedi scalzi asciugando le lacrime col fazzoletto di desdemona perché noi siamo la tragedia che si ripete sulle nostre bocche come un titolo di coda sino alla parola amen. E senza gli angeli
Guarda le macchie dei fiori sul prato e dimmi se non c’è qualcosa di più pulito. Guarda i puntini delle stelle nel cielo e dimmi quale sospensione potrebbero darti questi miei giocattoli bui….. Guarda la coda di un cane felice e dimmi quanti denti ha quella risata che parte dalla fine
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due parole
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f. a. c.
“The Magician” (1926) – Rex Ingram
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06 lunedì Feb 2012
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03 venerdì Feb 2012
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in21 sabato Gen 2012
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inQuando lasciare quell’angolatura è potere di chi può sospendersi oltre il sospeso dai piedi di podi soffiati ai soffitti sinfonici e soffici in geometrie replicate dai suoni a spartiti in chiave di stormo che batte ogni tempo secondo minuto nell’ora in un a solo adesso compiuto
21 sabato Gen 2012
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15 domenica Gen 2012
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inoggi sono ospite di
qui:
http://poetarumsilva.wordpress.com/2012/01/15/inediti-di-francesca-canobbio/
ringrazio la poetessa Antonella Taravella, del collettivo, per l’invito :)
17 sabato Lug 2010
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27 domenica Dic 2009
Maschere tristi
truccate di verità
possono ancora spogliarsi
e nude mostrare
la carne che vale
e quanto è valsa la carne
in questo carnevale
dove i coriandoli
si perdono nelle pozzanghere
E sotto i cappotti logori
in mutande
nell’intimo
e nel pubblico
sempre in ballo
senza peli sulla lingua
raccontare una storia
che dura per le prossime
generazioni
o per le prossime
degenerazioni
Che comunque
mai le vestirà di dignità
In questo mondo in abito da scena
dove il cenone dell’ultimo
vale più dell’ultima cena
12 sabato Dic 2009
Posted alfabeto, arte, audio-poesia, poesia
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Diva/ che dormi discinta/ dimenati docile/ divarica il derma/ denudati desta/ dardeggia desueta / dipingiti donna/ distesa su un drappo/ diventa declivio/dirupo/ e decolla/ diabolica e diafana/ divora i miei dubbi/ dammi una dose d’amore dissolto/ distilla il diluvio/ disarma il mio dogma divino/ dilegua il discorso/ duella col dramma./ Se la direzione/ è un decreto dettato/ da un despota duro/ un divieto in divisa/ discorde al disarmo/ che danaro distratto dissipa a dado/ divora il desco con dente di drago./ Domanda dolente/ al deserto/ un detrito di duna/ a dispetto digiuna/ disposta al dolore/ al duello/ a disfatta/ al delirio/ al destino/a un dissenso disperato/ e duetta con Dio/ dissacrandolo/ daccapo/ Diva…
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Qui una versione audio del brano
http://wwwnew.splinder.com/mediablog/rosadstrada/media/21872760
10 giovedì Dic 2009
ascendono a liriche soglie –
di voglie in faville riarsi
in umidi morsi sparsi –
catena di gocce scioglie
in punta di roccia le braci.
E tace nell’elica dei baci
la voce in nodi tra i sensi
che in brividi di marmo densi
scende sui palmi tesi
pallidi di soffitti stesi
in bianchi affreschi immensi